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La vicenda della cardiochirurgia a Reggio Calabria rischia di diventare anch’essa una di quelle situazioni kafkiane, dove decisioni cervellotiche potrebbero creare un futuro gravissimo vulnus alla comunità calabrese.
Mentre l’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria paga mensilmente 100 mila euro per il leasing di tecnologie avanzate in cardiochirurgia, acquistate da un anno e tuttora inutilizzate, la discussione sul numero di cardiochirurgie da dislocare sul territorio – che non ha alcun connotato tecnico in quanto è già stato stabilito, con specifico decreto di riassetto, il fabbisogno in ambito cardiochirurgico sulla base di dati esclusivamente epidemiologici e di produttività – ha assunto, purtroppo, una connotazione meramente politica anzi, più correttamente, campanilistica in una sorta di guerra tra provincie, sostenuta a danno dei veri interessi dei Calabresi.
A fronte di un impegno, addirittura assunto dalla precedente amministrazione regionale, di realizzare un’unità di cardiochirurgia a Reggio Calabria, cosa poi realmente avvenuta con un finanziamento pubblico di oltre venti milioni, si era giustamente deciso di mettere a frutto il denaro dei contribuenti, già speso, attivando questa cardiochirurgia e lasciandone una a Catanzaro.
Se invece dovesse realizzarzi l’idea di dimezzare i posti di Reggio Calabria per lasciare gli altri a Catanzaro, sarebbe un pessimo atto di amministrazione, in quanto l’Azienda ospedaliera di Reggio ha strutturato e pagato venti posti letto e non può quindi attivarne solo dieci! Chi stipulasse un accordo di questo tipo sarebbe logigamente chiamato a rispondere di grave danno erariale.
E’, quindi, giunto il momento che la buona politica consideri, sotto il profilo sanitario, l’intera Calabria come un’unica azienda, distribuendo le specialità sulla base delle vere esigenze dei cittadini. Sarebbe, questo, un grande passo in avanti che comporterebbe una discontinuità con metodi e prassi che hanno condotto la nostra Regione, soprattutto nell’ultimo decennio, ad un piano di rientro dai disavanzi sanitari che ha annullato, in sanità, qualunque autonomia amministrativa e politica dei rappresentanti istituzionali democraticamente eletti.
E’ sicuramente condivisibile la richiesta che il Presidente Scopelliti ha avanzato al Ministro della Salute di istituire tre cardiochirurgie. Buon senso vuole che le tre città più popolose della regione, Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza, abbiano un presidio sanitario di tale rilevanza. Se si considera che le emergenze cardiochirurgiche vanno risolte spesso nell’arco di pochissimi minuti, è impensabile che un cittadino della provincia di Cosenza che, tra l’altro, è la provincia più grande e popolosa dell’intera Calabria, debba affrontare ore di viaggio prima di poter essere adeguatamente assistito e trattato. Lo stesso dicasi per un abitante della provincia di Reggio.
Ecco perché l’idea delle tre cardiochirurgie deve essere perseguita abbandonando logiche di conservazione e miseri ragionamenti corporativi. Si può costruire una buona sanità e dare lavoro alle tante imprese sanitarie della regione, ricordando tutti insieme la necessità di partecipare al bene comune.
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