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E’ stato presentata al pubblico, con grande orgoglio da parte dell’autore e della cittadinanza tutta di Brancaleone, la raccolta di poesie in vernacolo di Pasquale Favasuli.
Alla presentazione della raccolta ha presieduto il sindaco avv. Francesco Moio ,il Vice sindaco di Bova Gianfranco Marino (Giornalista) Antonio Fortunato Aloi (Scrittore) Assessore alla cultura Antonio Mediati, Piero Celona (Vicepresidente della Biennale d’Arte di Firenze) Carmine Verduci (Presidente della Pro-Loco di Brancaleone e Giuseppe Fava (scrittore).
A cui sono state consegnate delle targhe di riconoscimento offerte dalla Pro-Loco di Brancaleone .
L’autore, nato nel 1937 ad Africo Vecchio, ha mantenuto un rapporto fermo e costante con la terra natia, anche se ha vissuto, come tanti altri corregionali, l’esperienza amara dell’emigrazione.
Contadino vecchio stampo, calabrese verace dalla parlata esclusivamente dialettale, Favasuli non ha avuto vita facile, in quanto ha perso la mamma in tenera età e, stretto dal bisogno, ha dovuto rinunciare all’istruzione e iniziare a lavorare fin da bambino ( “ A scola fu pe mmia comu nu sonnu/ i rringu a crapa mi dettaru ‘mpegnu”. (…)
La mancanza d’istruzione viene vissuta da Favasuli come un “Rimpianto” (dal titolo medesimo di una sua composizione) : “Si fussi statu cchiù bellu curatu/ comu si cura nu jhuri di serra/ non dicu era nu grandi avvocatu/ ma di sicuru non jia zappandu terra”, ma ciò non gli impedisce comunque di comprendere la vita, l’andamento delle cose sia personali che sociali, come testimonia la poesia “A centusei”, dove con arguzia egli invita i calabresi a svegliarsi dal torpore che spesso li contraddistingue e a guardare la realtà della corruzione politica con occhi critici.
Favasuli guarda la società italiana e le faccende politiche con l’arguzia tipica del contadino che non sa di lettere, ma non si lascia per questo infinocchiare facilmente: “Pensu ca ora cchiù cuntenti siti/ca di Messina du ponti passati/ ma eu vi dicu non mi vi ‘lluditi/ ca Berlusconi ndi cunta cazzati!”
Tema caro all’autore è quello del profondo affetto che lega un uomo alla sua terra natia, in questo caso Africo Vecchio al quale è dedicata la poesia omonima che così recita “Pasta e carni ma mangiu e na vogghiu/mi sfamu cu ricordi i canigghia”. Il paesello distrutto decenni fa da una frana e ricostruito a valle rimane legato a ricordi affamati ma felici “E penzu a li tò casi, a li tò strati/ alli canzuni, all’umanitati/ a li jocati a morra e a li mbivuti”.
Nelle poesie di Favasuli si scorge la sgomento e la rabbia del vecchio contadino che proprio non riesce a ritrovarsi nella società odierna, che egli percepisce come corrotta, malata, poco incline alla bontà e alla solidarietà; e come se non bastasse, sono tornati i tempi in cui il povero viene vessato dal ricco: “U sangu di li povari esti duci/comu lu meli chi la lapa faci/moriu pi nenti allura Cristu ‘ncruci/cumandunu sempri i lupi rapaci!”
Con la rabbia emerge anche il senso d’impotenza che attanaglia l’animo semplice, il quale in ultima analisi si affida ancora e sempre al buon Dio che sistemerà tutte le ingiustizie e le brutture della vita: “Poi quandu rriva a morti/ggiusta tutti cosi!”
La saggezza e la sincera bontà d’animo del poeta si scorge nel suo semplice invito alla decenza dei costumi, alle virtù morali, al preferire la solidarietà alla malvagità e al bieco calcolo egoistico, che altro non porteranno alle famiglie se non guai e rovine “Quandu nto mundu non c’ennu valuri/ l’omu pari na barca ammenzu o mari….”
Dalla lettura della raccolta si evince quasi un messaggio profetico e un richiamo evangelico alla bontà e alla semplicità, al rispetto della grandezza della natura che è dono di Dio: “U celu non s’accatta e non si vindi…” e come tale viene recepito dall’umanità intera.
Infine, un dolce mettersi sotto la protezione della Vergine Maria, che è Madre del Signore ma è anche madre di tutti i poveri che la mamma terrena l’hanno persa da piccoli:
“Mamma, Beata Vergini Maria,
di l’anima e du cori sì Regina,
e puru ca non sugnu degnu i Tia
………. non mi dassari mai, stammi vicina!”
Giuseppina Sapone
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