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La poesia di Giacomo Leopardi, i film Messaggi dal futuro, The big Kahuna e Key Pax, i libri L’eleganza del riccio, Harry Potter, 1984 e Colpito. La vera storia di Tiberio Bentivoglio, il testo del brano The End dei Doors, le riflessioni di Heidegger e Schiller, citazioni tratte dai Vangeli e dalle Lettere dell’apostolo Paolo, articoli e post tratti dalla blogosfera, testimonianze di esperienza vissuta e pensieri strettamente personali – sono queste le fonti riportate, lette, spiegate e quindi condivise ieri, 30 dicembre 2012, presso la Società Operaia di Mutuo Soccorso, in occasione della tavola rotonda “Tu che ne pensi della fine?”, promossa dall’omonimo sodalizio in collaborazione con l’Associazione Culturale Fenice dello Stretto. Disposti nell’uguaglianza di un cerchio, guardandosi e ascoltandosi l’un l’altro, con rispetto, semplicità e qualche sorriso, ognuno dei presenti ha citato poesie, libri, canzoni, film, blog o ha raccontato la propria intima esperienza di vita, a volte bella altre volte dolorosa, per chiarire, ciascuno con i propri occhi, che cos’è la fine del mondo e che cos’è semplicemente la fine o una fine.
Pur nella diversità delle prospettive e nella pluralità dei contributi, si è evinto che la fine del mondo non è né nella profezia Maya né in altre predizioni ma soltanto in singoli accadimenti che possono scuotere la vita individuale e collettiva delle persone. La morte di una persona amata, il concludersi di un amore o di un’amicizia, lo scadere di un impegno lavorativo, il dileguarsi della libertà o della dignità umana, l’arroccamento su tipologie di esistenza nocive a tutti e all’intero pianeta, l’indecisione, la paura della criminalità organizzata, l’incapacità di apprezzare la semplicità che già si ha, l’assenza di tempo per la vita contemplativa e per il pensiero – è in questi fatti che avviene la fine del mondo, intesa come fenomeno negativo, accadimenti che scuotono il singolo individuo a tal punto da farlo perdere nel labirinto della solitudine e della sofferenza. Ma nella sua declinazione in senso positivo, e cioè intesa come un evento bello, piacevole, rincuorante, che dà coraggio, speranza, voglia di andare avanti, si è considerata “fine del mondo” la piccola comunità, l’umana comunione e comunicazione che è avvenuta tra quanti hanno partecipato alla tavola rotonda. Parlare, ascoltare, dialogare, guardare, sorridere, pensare, stare assieme ad altri è stata la vera fine del mondo, un evento inimmaginabile o insperabile in questi tempi di crisi dei valori e di crisi economico-finanziaria, che rendono soli, tristi, disperati.
Dal contributo più giovane a quello di chi ha vissuto numerosi anni della propria vita, si è compreso che non occorre pensare assiduamente alla fine – propria, altrui o collettiva. Bisogna invece concentrarsi, impegnarsi, darsi alla vita consapevoli che, comunque, si è esseri finiti e, prima o poi, ognuno di noi lascerà questo mondo. Per questo motivo, è necessario vivere la vita nella sua pienezza, nei suoi volti belli e tragici, dando la dovuta importanza a ogni attimo, incontro, fatto o esperienza, ma si deve anche trovare il coraggio – nella fede, in un amore, in un amico o dentro di sé, per mezzo di un film, un libro, un’opera d’arte o quant’altro – di fare qualcosa di buono per altri, prima di andarsene via. Per dirla con Rita Levi Montalcini – salutata ieri sera con rammarico e riconoscenza a un tempo – “non bisogna mai rassegnarsi ma coltivare il coraggio di ribellarsi”. Ognuno di noi è chiamato ad affrontare delle sfida, singolari o comunitarie e non bisogna tirarsi indietro, anzi occorre battersi con i propri mezzi per difendere ciò che di bello questo mondo riserva a tutti, senza fare eccezione.
È stata, quindi, una tavola rotonda umile, ricca di umanità, di solidarietà, di speranza, perché quel che è finito per i presenti è stato l’isolamento e quel che, invece, è iniziato è la comunità, la compagnia, l’unità.
www.fenicedellostretto.blogspot.it/2012/12/conclusa-la-tavola-rotonda-tu-che-ne.html
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