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Arricchire il Pil italiano di 30 miliardi entro il 2020, creando 500mila nuovi posti di lavoro: sono ambiziosi i numeri del primo Piano strategico per lo sviluppo del turismo, Italia 2020, da poco presentato al Consiglio dei Ministri dal ministro per gli Affari regionali, il Turismo e lo Sport Piero Gnudi.
Una strategia unitaria, che suggerisce un totale di 61 azioni per portare finalmente il turismo al vertice dell’agenda governativa, in modo da ritrovare la strada per contrastare la perdita di competitività dell’Italia nel settore e riconquistare la leadership perduta.
Il piano parte da un assunto: l’Italia non può più vivere di rendita sulla sua impareggiabile ricchezza di risorse turistiche, nell’ingenua convinzione che i turisti internazionali continueranno ad arrivare spontaneamente. Il nostro paese ha bisogno al più presto di un cambiamento culturale, per arrivare a considerare il turismo come una grande opportunità.
Il Piano strategico analizza la situazione del territorio, sottolineando come negli ultimi anni turismo italiano abbia perso quote di mercato: dalla prima posizione occupata a livello europeo all’inizio degli anni Ottanta e ancora verso la metà degli anni Novanta, oggi è soltanto terzo, dietro a Spagna e Francia.
I punti di debolezza del turismo nostrano identificati dal documento sono innanzitutto la difficoltà ad attrarre investimenti internazionali, le infrastrutture insufficienti, il diffuso nanismo delle imprese turistiche,l’insufficiente formazione delle risorse umane ma anche l‘incapacità di costruire nuovi prodotti turistici e la debolezza e frammentazione nella governance del settore.
L’Italia inoltre, secondo lo studio, presenta una forte asimmetria: le prime cinque regioni hanno generato il 91% della crescita nel periodo 2000-2010, mentre le regioni del Sud, pur possedendo asset inestimabili di tipo storico-culturale o paesaggistico, pesano solamente per il 12% del totale e hanno generato, nel decennio, solo il 5% della crescita totale italiana. Ed è proprio per valorizzare il Sud e migliorarne l’offerta che una delle linee guida suggerite dal Piano è la creazione di due grandi poli del turismo, sul modello della Costa Smeralda, nella parte meridionale del paese, con l’intento di attrarre investimenti privati.
Il Piano strategico propone in tutto 7 linee guida, sulla base delle quali articolare le 61 azioni specifiche: il rafforzamento del ruolo del Ministero del Turismo, il rilancio dell’Enit, il miglioramento dell’offerta che, oltre ai poli del Sud, include anche la creazione di 30-40 nuovi poli turistici rivolti ai segmenti di fascia alta e ai BRIC, la riqualificazione delle strutture ricettive, un intervento sul piano aeroporti e collegamenti intermodali, la riqualificazione della formazione turistica e il rilancio delle professioni e, infine, un piano che stimoli gli investimenti internazionali tramite l’erogazione di incentivi fiscali e la drastica riduzione della burocrazia.
Un progetto molto articolato, dunque, che nelle intenzioni di Gnudi dovrà avvalersi di una task force dedicata alla diretta dipendenza del ministro del Turismo per essere implementato: entro il 2020, se realizzato in tutte le sue parti, il Piano potrebbe portare il contributo del settore turistico al Pil nazionale dagli attuali 134 a 164 miliardi, incrementando i ricavi dell’incoming dall’estero (da 44 a 74 miliardi) e mantenendo stabili a 90 miliardi quelli legati al turismo domestico.
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