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Il chiasso che hanno fatto i ‘No Ponte’, nel corso degli anni passati, amplificato fortemente dalla stampa locale, che ha remato incredibilmente contro, per scelte (?) che non vogliamo scandagliare ma che sono facilmente individuabili, ha di fatto creato l’immagine di una Sicilia totalmente ostile alla costruzione della grande opera trasportistica al punto da permettere ad altre regioni del paese di lavorare per sostituirsi alla Calabria ed alla Sicilia come ‘porte cinesi nel Mediterraneo’.
La minoranza ‘chiassosa’ aveva creato, anche tra gli addetti ai lavori, una psicosi negativa che le recenti iniziative sul territorio hanno provveduto a fugare velocemente. Semmai vi è stato fino a poco tempo fa un deficit di informazione che non ha fatto capire alla stragrande maggioranza della popolazione italiana che il Ponte non è un’opera inutile, che non sia possibile spostare l’impegno finanziario su ‘ben altro’, ed è anche un errore disinteressarsene completamente.
Ma così non era e non è. E la dimostrazione è venuta in modo indiscutibile dall’ultimo Convegno sul Ponte organizzato a Catania dal Rotary Club il 3 dicembre scorso alle ore 20, e sviluppatosi, con interessantissime relazioni (on. Zamberletti, dottor Francesco Attaguile, ing. prof. Enzo Siviero, ing. Giovanni Mòllica) ben oltre le ore 23. Successo netto, quindi, dell’iniziativa conclusasi poi con un botta e risposta tra il giornalista Tony Zermo e gli illustri ospiti ai quali si sono aggiunti l’ing. Giuseppe Fiammenghi della Stretto di Messina, e l’arch. Pier Paolo Maggiora.
Altro che disinteresse. Salone dell’Excelsior stracolmo con la presenza della Catania che conta, che pesa e che ha ruoli di primo piano. Dagli amministratori capeggiati dal Sindaco della città etnea, alle decine di operatori economici e imprenditori catanesi che hanno recepito pienamente attraverso le parole e le slide proiettate dai relatori quanto il Ponte sia essenziale per l’Italia, il Mezzogiorno e le due regioni del profondo Sud.
Non si guarda solo a scenari turistici -che sono certamente da predisporre e valorizzare a misura d’uomo, unitamente a luminose scenografie- ma si vogliono soprattutto cogliere, col Ponte e conseguentemente con l’Alta Velocità, le opportunità che offre il traffico merci esistente nel Mediterraneo che, finora, sta usando, essenzialmente, la via del mare Suez-Gibilterra-Rotterdam con un aggravio dei costi (per i maggiori noli delle navi) e dell’aumento del tempo (calcolato in almeno 6 giorni in più).
Sbaglia profondamente, tra l’altro, chi insegue un disegno opportunistico esclusivo di detto traffico, disegno veramente fuori luogo dato che la captazione del traffico mercantile transitante nel mare nostrum è tale da offrire ai porti meridionali e ad alcuni del Nord, lavoro di canalizzazione del traffico container che oggi, da Suez, viaggia verso il Nord dell’Europa circumnavigando la penisola iberica, dopo aver superato le storiche colonne d’Ercole. Ci sono dati che parlano di un minimo di 40 milioni di container l’anno, mentre altri dati presentano livelli molto ma molto più alti anche alla luce dell’allargamento e della maggiore profondità che si stanno realizzando nel Canale di Suez.
Che vi sia un interesse meridionale alla realizzazione del Corridoio 1 comprensivo di Gioia Tauro fino a Palermo-Trapani/Catania-Augusta-Pozzallo e della variante campano-pugliese, è abbastanza pacifico dato che rompe l’isolamento secolare del meridione rispetto al resto d’Italia, accoglie la piattaforma logistica dell’Europa che è traino per ricadute turistiche, occupazione e sviluppo, ma vi è anche un interesse nazionale su tre direttrici: incasso delle ferrovie per il trasporto dei container, riduzione drastica dei tir lungo le nostre autostrade, forte riduzione delle emissioni inquinanti del traffico gommato, e contributo per la fuoruscita dalla recessione e dalla crisi che sta massacrando la nostra popolazione.
Dopo Reggio e Catania, adesso si attende il pronunciamento di Messina.
Giovanni ALVARO e Cosimo INFERRERA
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