Reggio, al Teatro della Girandola lo spettacolo “Prigionia: femminile singolare”

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Il Teatro della Girandola presenta l’ultimo spettacolo del cartellone “Il vento che muove”. Lo spettacolo “Prigionia: femminile singolare” Studio per donna sola andrà in scena domani, 5 maggio e giorno 6 maggio 2017 alle ore 21,00.

Il Progetto, di e con Cristina Carrisi è realizzato con la collaborazione alla drammaturgia di Aniello Nigro e Giovanna Manfredini. La regia è affidata a Patrizia Schiavo. Il Progetto inoltre, è stato premiato lo scorso 6 novembre 2016 al Teatrocittà di Roma, in occasione del concorso di corti teatrali Frammenti al Femminile, come migliore Spettacolo (Primo Premio) e Menzione Speciale Migliore Attrice Under 35.

Ingresso con tessera (la tessera può essere sottoscritta il giorno stesso dello spettacolo senza alcun costo aggiuntivo) .
Teatro della Girandola
via Muratori 2/c
Info e prenotazioni
3927496676 – e-mail info@pagliacciclandestini.it

Sinossi
Un paravento. Un’attrice sola in scena.
Diversi archetipi e personaggi per un tema multiforme come multiforme è il femminile: la dispersione e l’oblio della donna, che perde se stessa nel tumulto, nell’inquietudine, nell’indifferenza, nell’abitudine, nell’illusione, nel culto, nell’alterità dell’amore.
La presenza maschile è esclusivamente evocata, spesso bramata, sicuramente immagi-naria e pretestuosa per uno scavo dentro sé, per un dialogo che lei intraprende quasi sempre e prima di tutto con la propria anima. E poi un personaggio “intruso”, la psicanalista, che prova a tirare le fila del senso, dei “perché”, da cui ripartire. L’ombra del tanto dibattuto “femminicidio” si staglia sullo sfondo ma resta pura ombra, riflesso; a priori e ancora al di qua del discorso, sotto i riflettori è piuttosto la tensione sacrificale muliebre e la vocazione suicida ad essa intrinseca, a tratti comica a tratti amara. Tensione da cui lei sempre potrebbe, dovrebbe emanciparsi.
Tra visceralità, isterismo, senso materno e follia, uno studio per donna sola, alla ricerca di un’attualità di rappresentazione del femminile, ma anche di quintessenza trasversale dell’essere donna, delle sfumature infinite e delle frontiere di uno stato esistenziale fondamentalmente in ascolto.

L’idea di Prigionia nasce essenzialmente dall’esperienza di vita di una donna, che incidentalmente è anche un’attrice, e si arricchisce sul percorso delle vicende umane di altre donne, con cui è entrata in contatto. Personalmente e/o attingendo a fonti che vanno dal mito alla cronaca, poco importa.
Racconto tante donne che sono una donna. Racconto una donna che è tante donne. Dalla pluralità di sembianti di donna emergenti nel dipanarsi del racconto, vivido si fa il volto di un autosabotaggio. Che sia pazza o savia, sterile o fertile, artista o no, assediata dalla guerra o dalla pace, perdente o vincente, è una donna che esplora, si arrovella, cerca fuori di sé affannosamente. Ha perso i suoi istinti autoprotettivi nell’altrui compiacimento. Non sa amare se stessa, non abbastanza.
La drammaturgia lavora alla ricerca di luci, immagini, corporeità, coscienze, suoni, parole, evocazioni che tracciano e intrecciano, disegnano profili di donne esemplari, capovolgendo la prospettiva passiva che vede le donne vittime di abusi, violenze, discriminazioni, per dare corpo e voce all’io che di quel disagio è protagonista. La prospettiva attiva è – se non sempre lucidissima – alla ricerca di consapevolezza, tenta di recuperare il punto di vista delle donne, senza arretrare di fronte agli odierni fatti di cronaca, dove il mondo dei social network e del web in genere, pervenendo a surrogato di “piccola comunità” e determinandosi nel ruolo di opinione pubblica/carnefice, arriva a perpetrare casi limite di femminicidio morale. La recentissima vicenda di una giovane donna toltasi la vita a seguito dell’incontrollabile diffusione sulla rete di video hard che la ritraggono – video che in un primo momento lei stessa aveva inviato ad amici con leggerezza – mostra un prototipo di donna che oblia se stessa degradando la propria intimità a merce di scambio, salvo poi chiedere e non potere ottenere dalla legge un tardivo “diritto all’oblio” del suo caso, ormai consegnato al meccanismo impazzito quale è, appunto, il web all’epoca dei selfie e del cyberbullismo.
Citando E. Albinati “Intimità vuol dire sentirsi ed essere, e anche mostrarsi vulnerabili: la debolezza può venire sfruttata, la fiducia tradita, il proprio esporsi può essere deriso” e ciò è tanto più vero per quel che riguarda la sessualità femminile. A dipanare la matassa di donne che parlano di donne è la simbolica e maieutica funzione-personaggio della psicanalista. Se non è semplice squarciare quel velo femminile di “impotenza appresa”, di cui in modo illuminante tratta la studiosa Clarissa Pinkola Estés, il senso di questo progetto è il pretesto affinché della forza e potenzialità straordinarie che ha dentro sé, ogni donna possa prendere atto. Quando le donne non parlano […] tace il naturale e il selvaggio nel mondo. Tacciono i canti e le danze e le creazioni. Tacciono l’amore, e le voci della consapevolezza.

Cristina Carrisi si forma giovanissima a Roma con Sofia Amendolea. Lavora con D. Camerini (La notte del soldato), A. Avallone (Questi fantasmi), R. Ni-colai (L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro), J. Serafini (Musique pour toi seul), F. Festa (Cose di ogni giorno vere), S. Guerro (Amleto–Lascia che i morti seppelliscano i morti). Col drammaturgo Aniello Nigro fonda nel 2009 l’associazione culturale Animari e vi allestisce T:Tralasciando Godo, I gabbiani di Napoli, Mani nel fuoco (quest’ultimo diretto da M.Maiorino). Dopo la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma, si perfeziona a Bologna alla Scuola Alessandra Galante Garrone con Claudia Busi, Alessandra Frabetti, Massimo Sceusa. Lavora con Vittorio Fran-ceschi in Una corolla di tenebre. Recita nel cortometraggio Il metodo di Fabri-zio Guerra e nella docu-fiction per Rai3 Amore Criminale. Nel 2015 per la Compagnia Cincopan-Beghelli veste il ruolo di Marianela Garcia Villas in Con le mani nude di R. Costi e interpreta e co-dirige Il caso di Alessandro e Maria di Gaber-Luporini. Per Teatri Mutevoli ha partecipato a L’inserzione (N. Ginzburg) per la regia di Massimo Sceusa ed è Patrizia nel la-voro scritto e diretto da Luca Sebastiano Scelfo Sputa in cielo che in faccia ti torna. Per Officina dei tratti, di cui è co-fondatrice nel 2013, è dapprima Olivia nel fortunato tour di What you will–La dodicesima notte (Premio AmarAmar 2015) per la regia di Gabriele Tesauri e poi ideatrice del progetto in essere Prigionia: femminile singolare. Studio per donna sola (scritto con A.Nigro e G. Manfredini), monologo diretto da L. S. Scelfo, recentemente premiato da Frammenti al Femminile 2016 al Teatrocittà di Roma come Migliore corto teatrale e la Menzione Speciale di Migliore Attrice Under 35.

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Author: Maristella Costarella

autore e collaboratore di ntacalabria.it

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