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Per il IV appuntamento di “Tabularasa 2011 – Lo Scandalo” gli organizzatori del Contest d’inchiesta Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, ripercorrono le tappe di un altro giallo italiano, il mistero di una giovane affogata nell’aprile del 1953, Wilma Montesi.
A sciorinare tutti i dettagli di un caso ancora oggi rimasto irrisolto, al circolo del tennis “Polimeni”, il giornalista della “Stampa” Francesco Grignetti autore del libro “Il caso Montesi”, il primo vero giallo della Repubblica. Non hanno voluto assolutamente perdere l’appuntamento di ieri sera, i tanti cittadini, giovani universitari, giornalisti, i rappresentanti e il presidente del club service Lions.
“Inizia un’avventura terribile per la famiglia Montesi che non saprà mai chi ha ucciso la propria figlia trovata morta la vigilia di Pasqua sulla spiaggia Torvaianica (Roma) – esordisce Grignetti – Un’avventura che appassiona l’Italia per anni, un’Italia ingenua, speranzosa che usciva dalla guerra e dal fascismo. Un’Italia contadina, semplice che scopre l’esistenza di un potere fatto di soldi, mazzette, faccendieri. All’improvviso, i vizi dell’alta borghesia e le debolezze dell’aristocrazia diventano ghiotti materiali per la stampa. Cade un capo della polizia. Il ministro degli Esteri, Attilio Piccioni, è costretto alle dimissioni il giorno che gli arrestano il figlio, “colpevole” dell’omicidio .
Alla notizia del recupero del corpo, i giornali dedicarono ampi articoli: il padre della vittima, Rodolfo Montesi venne a conoscenza del fatto tramite la stampa, il giorno successivo al ritrovamento.
“La prima balla – continua il racconto il giornalista della Stampa – fu quella del pediluvio mortale: Wilma soffriva di un eczema al tallone e la causa della sua morte fu per annegamento dopo un malore successivo ad un pediluvio. Sui giornali ci fu una certa eco, ma la svolta avvenne nell’ottobre del ’53 quando si interessò il giornale, l’“Attualità”, diretto, scritto ed impaginato da Silvano Muto. Il mensile accusò esplicitamente un giovane musicista figlio di una eminente personalità politica. Nel retrobottega di questa vicenda, si scatena una guerra di potere impressionante: tutti cercano di utilizzare il caso a proprio beneficio. La vicenda segna l’Italia ma anche il malcostume di un paese. Assistiamo ad una guerra sorda che finirà solo quando si impone Vittorio Fanfani. È nata la Prima Repubblica e il Caso Montesi inaugura il nuovo Governo generando quel rapporto morboso tra l’opinione pubblica e chi la informa”.
Il Ministro Attilio Piccioni sconvolto dal coinvolgimento del figlio decide di dimettersi, “piangeva per la vergogna , per un uomo degli anni ’50 il coinvolgimento del figlio in un omicidio era una macchia irrisolvibile. Sono cambiati i costumi – aggiunge ancora Grignetti – Oggi ci sono molte persone che, coinvolte in uno scandalo, non solo non si dimettono se ricoprono una carica istituzionale ma si vantano pure.
Negli anni ‘50 gli italiani avevano più fiducia nel futuro mentre adesso c’è una grande sfiducia, sospetti nelle istituzioni, disinteresse nella cosa pubblica. Il caso Montesi ha tenuto banco per 4 anni, oggi uno scandalo dura una settimana perché a farlo dimenticare ce n’è pronto già un altro. Come sia morta Wilma Montesi non si è mai saputo né si saprà. L’unica cosa che si sa è che sicuramente c’entra la politica, che si impadronisce dell’episodio e lo utilizza come arma impropria in vista delle convulse elezioni di quell’anno”.
Questa brutta pagina italiana è però un capitolo importante nella storia del giornalismo: dopo vent’anni di regime fascista, gli italiani scoprono la forza del quarto potere. “Sulla scena pubblica irrompono figure di spicco come un giudice ambizioso che mette in crisi un governo; una testimone incontrollabile che fa tremare i potenti; un astuto colonnello dei carabinieri che regola alcuni conti con i cugini poliziotti; un gesuita che intesse trame con mezza Dc. – continua il giornalista – Il Caso Montesi è un fenomeno di costume, un vorticoso impazzare di pettegolezzi, un folle gioco di dietrologie, l’uso politico della giustizia, l’irrompere del morboso nei timorati anni Cinquanta. Di quell’Italia mi piacciono i sentimenti, lo spirito di rivolta, di riscatto del popolo ma non rimpiango nulla di quell’Italia”.
A parlare dei misteri del Paese ma anche di giornalismo, il caposervizio del quotidiano Gazzetta del Sud Arcangelo Badolati e i giornalisti Antonino Monteleone (inviato la scorsa stagione del programma “Exit – Uscita di Sicurezza” in onda su La7) e Giuseppe Baldessarro de “Il Quotidiano della Calabria” e “La Repubblica”.
E’ proprio il professionista Badolesi a ricordare tra gli scandali Italiani colui che scoprì l’inganno per celare la vera morte del bandito Salvatore Giuliano, il grande Tommaso Besozzi mentre Baldessarro rimarca quasi con rammarico che “non abbiamo più il giornalismo di quegli anni, non abbiamo più quella classe di professionisti capace di seguire una vicenda e saperla raccontare al lettore.
Come giornalisti abbiamo l’obbligo di restituire al paese dei punti fermi, abbiamo la responsabilità di fare un passo indietro. Il giornalista non è un dispensatore di opinioni”. Sulla stessa lunghezza d’onda il giornalista Monteleone che nel ricordare il sequestro del suo blog in seguito ad un articolo che coinvolgeva un politico locale, rimpiange “gli anni ’50 dove rispetto ad oggi, c’era più libertà di stampa, peso di responsabilità e credibilità dei giornalisti”.
A conclusione di una lunga e interessante serata, la seconda edizione del premio “Strilla&Rischia” di Strill.it che quest’anno è stato assegnato proprio ai giornalisti Arcangelo Badolati e Antonino Monteleone. A consegnare il premio (una buccaccia con bossoli in olio extravergine d’oliva e peperoncino creata dall’artista roccellese Francesco Misuraca ) il giornalista Giuseppe Baldessarro.
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