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Riceviamo e pubblichiamo:
I cittadini di Arghillà non si capacitano del perché la loro questione idrica debba essere “fuori dal comune”. Questione che tra l’altro va ad incastrarsi in un mosaico di problematiche, per antonomasia del quartiere, ad esempio la questione sociale, e della città di Reggio, ad esempio la questione dei rifiuti.
Siamo nel 2013, e mentre nella Silicon Valley elaborano software di ultima generazione, ancora ad Arghillà si sta cercando di capire perché debba mancare l’acqua negli edifici, probabilmente qualcuno starà studiando, speriamo.
La situazione idrica di Arghillà è paradossale: nei paesi limitrofi, Catona, Rosalì, Salice, e Villa San Giuseppe, non si segnalano, se non molto saltuariamente, disservizi idrici e addirittura l’acqua è così in abbondanza che scorre incessantemente in alcune fontane dei paesi, spreco di risorse e schiaffo morale a chi è impossibilitato nell’utilizzo di risorse idriche.
Sembra essere una questione fuori dal comune poiché da anni oramai si segnalano disservizi idrici ai quali non si trova soluzione. Disservizi “sacrosanti”, anche se ci sarebbe da riflettere, in estate quando l’acqua è poca e ci sono i campi da irrigare (perlomeno così è stato detto), ma durante il resto dell’anno?
Durante la stagione invernale c’è stata una disponibilità idrica media di 9-10 ore giornaliere, mentre nell’ultimo periodo ad Arghillà Nord si ha una disponibilità media di 3-4 ore d’acqua al giorno, concentrate nelle ore mattutine (quando molta gente, fortunatamente, è fuori casa a lavorare), ed addirittura in alcuni punti del quartiere l’acqua è disponibile per 1-2 ore giornaliere con portate irrisorie, ed i serbatoi posti nei piani più alti stentano a riempirsi e di conseguenza anche chi è fornito di “precauzioni” è sprovvisto di acqua, insomma è tutto un disservizio di enormi proporzioni.
Sia chiaro che questo articolo non sta cercando amministratori da colpevolizzare (anche se tendenzialmente si potrebbe dare un’interpretazione giuridica alla questione interpretandola come “interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità”, art. 331 del codice penale), e quindi in primis da colpevolizzare non sono sicuramente i commissari prefettizi che si sono insediati da tempi relativamente brevi, ma sta cercando amministratori e dirigenti consapevoli e coscienziosi che vogliono sedersi attorno ad un tavolo, anche con noi del Coordinamento di Quartiere, e cercare una soluzione: i cittadini hanno bisogno di risposte concrete e di soluzioni alle problematiche, non più di chiacchere da campagna elettorale.
Il segretario del Coordinamento di Quartiere,
Carmelo Idone
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