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La sentenza con cui è stata revocata la sospensione del sindaco di Napoli De Magistris in base alla legge Severino ha aperto un dibattito mediatico che coinvolge la Calabria e tutto il centrodestra. Innanzitutto, è doveroso ricordare che questo testo ha penalizzato, finora, solo Berlusconi e Scopelliti, almeno tra i big della politica. In Calabria gli effetti sono stati devastanti, perché la nostra Regione si è trovata tutto ad un tratto nel caos amministrativo più totale, con una Giunta costretta a lavorare tra mille difficoltà e nei limiti previsti dalla prorogatio. Tutto ciò senza dimenticare gli effetti sulla classe politica perché, di fatto, dopo la condanna all’ex Governatore è mancata la legittimazione alle istituzioni, nonostante si giudicassero vicende che niente avevano a che vedere con l’amministrazione regionale in carica.
Scopelliti ha ribadito più volte che, anche in assenza della sospensione, avrebbe comunque optato per le dimissioni proprio perché, da uomo di destra, sa bene che su chi ha il compito di governare una regione così delicata non può gravare una condanna di 6 anni, anche se ingiusta e sproporzionata, che certamente cadrà in appello. Ciò non elimina, però, il principio per cui un obbrobrio giuridico come la legge Severino avrebbe comunque impedito a Scopelliti di portare avanti la legislatura fino al termine e, probabilmente, di ricandidarsi e vincere nuovamente le elezioni. Gli stessi principi validi per De Magistris, infatti, sarebbero stati applicati anche all’ex Governatore della Calabria mentre oggi, nella nostra regione, tutto è stato sovvertito senza che i cittadini potessero scegliere. Alla luce di questa situazione surreale vogliamo lanciare una forte provocazione: in parlamento si attivi subito l’iter procedurale per modificare il testo della cosiddetta legge Severino nonostante Scopelliti abbia da vero uomo di Stato, pur non condividendola, accettato le gravi e pregiudizievoli conseguenze della stessa. Sarebbe una risposta forte della politica e un ridimensionamento di un testo concepito sull’onda dell’emotività in chiara antitesi con vari principi costituzionali, forse l’unico esempio di sanzione amministrativa in grado di annientare la democrazia e la volontà degli elettori.
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