Riformisti Italiani: “Bindi e Commissione antimafia a Reggio Calabria? Un film già visto”

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Com’è consuetudine, ad ogni inizio di legislatura e ad ogni insediamento di Commissione Antimafia si comincia con buoni propositi, tenendo, come oggi, financo riunioni “simbolo” a Reggio Calabria al fine di focalizzare meglio il problema relativo alla malavita organizzata e con l’ambizione di indicare possibili soluzioni, meglio ancora se di grande effetto mediatico, per debellare la ‘ndrangheta.

L’on. Bindi e la Commissione, così operando, invitano (per non dire obbligano moralmente) i “Riformisti Italiani” a tornare su un tema sempre attuale e sul quale non si sono mai risparmiati, senza mai temere di incorrere nel delitto di lesa maestà verso alcuno.

Il presidente dell’Antimafia, sugli scioglimenti dei comuni, avanza una proposta di modifica che apre uno spiraglio nella direzione da noi  da tempo auspicata anche se con forti contraddizioni laddove afferma che “la legislazione fino ad oggi ha dato buona prova di sé, ma che in seguito ai cambiamenti intervenuti nelle norme sugli enti locali oggi si debba intervenire con delle modifiche” attraverso “un albo di persone che fanno questo lavoro, con maggiori poteri rispetto a quelli attuali e con una legislazione differente rispetto a tutti gli altri enti locali”.

In realtà non riusciamo a comprendere come la mera “professionalizzazione” dei commissari possa bonificare un tessuto sociale e civile, debole e facile alla permeabilità criminale come sovente lo sono quelle comunità oggetto di misure rigorose di scioglimento. Probabilmente più che i poteri ai commissari, già dotati di rilevanti potestà decisionali senza alcun confronto e senza controllo da parte della collettività, al loro operato andrebbero affiancati rilevanti interventi pubblici tesi  a ripristinare condizioni sociali e civili adeguate, atte alla cura dall’infezione criminale.

Il cambiamento che noi proponiamo non è certamente quello da Lei indicato, Da sempre sosteniamo che non ci possa essere legge straordinaria che faccia di tutta l’erba un fascio. Sarebbe piuttosto corretto ed opportuno colpire, in ossequio al sacrosanto principio della responsabilità personale, il singolo soggetto colpevole anche perché spesso, assieme ai responsabili delle malefatte, vengono colpiti molti amministratori corretti, favorendo la sottrazione alla sanzione, soprattutto, dei veri responsabili, fino a giungere alla asserzione del “se tutto è mafia, niente è mafia”.

L’on. Bindi, forse sentendosi in debito con la Calabria e con i reggini per averla accolta senza proteste in un collegio elettorale lontano parecchi chilometri dal suo, seppure indignato, elettorato, affronta anche il delicato argomento di un eventuale strumento legislativo necessario ad aggredire le difficoltà economiche di Reggio e della Calabria. Ben venga ogni forma per onorare i “debiti” e ci fa piacere inoltre che si riconosca, con un ritardo di vent’anni, una evidente necessità. La nostra parte politica nel già 1989 fu protagonista nel promuovere uno strumento straordinario come il “decreto Reggio”, da molti nemici della Calabria ancora oggi contestato.

Certo nessuno strumento legislativo deve essere considerato una forma di aiuto generalizzato. Esso, in realtà, deve puntare principalmente alle criticità più evidenti, che condizionano il lavoro e lo sviluppo globale della nostra regione, come ad esempio le infrastrutture primarie e la difesa del suolo. Ovviamente la proposta di una legge speciale per la Calabria – a patto che dalle intenzioni di crescita non si passi ai contenuti soliti di sicurezza e di ordine pubblico come la famigerata Legge “Pica” –  appare la certificazione dello stato di crisi del nostro territorio.

Tuttavia, poiché l’Italia intera versa in una situazione economica generale disastrata e depressa, riteniamo opportuno che il governo ed il parlamento si pronunzino formalmente per un intervento straordinario piuttosto che per una Legge Speciale, altrimenti il già improbabile percorso di aiuti alla Calabria diverrà impossibile per l’avversione di svariati settori, non solo politici, buoni solo ad offrire una interessata lettura meramente criminale delle condizioni socio-economiche del Mezzogiorno.

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