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Mentre in tutto il mondo, specie a seguito della catastrofe giapponese e dell’emergenza nucleare che si è determinata, crescono dubbi, perplessità e contrarietà nei confronti dell’energia nucleare, il governo italiano continua la sua marcia inesorabile contro la produzione di energia da fonti rinnovabili.
E’ davvero incredibile che tutto questo accada mentre in tutti i paesi dell’Unione europea si accelera in questa direzione e aumenta la produzione di energia pulita, anche per i vincoli stringenti che gli stati membri debbono osservare ( ricordiamo a tal proposito che occorre. ridurre la dipendenza dalle fonti combustibili fossili e le emissioni di CO2 e che le direttive comunitarie impongono all’Italia l’obbligo di raggiungimento degli obiettivi del 17 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020).
Purtroppo, il neo ministro dello sviluppo economico Romani si è fatto subito conoscere con due provvedimenti che sono uno peggio dell’altro: con il primo ha messo il sigillo sulla devastante centrale a carbone di Saline Joniche a cui si vuole dare il via libera con una scelta grave ed in netto contrasto con il territorio, con il secondo provvedimento lo stesso ministro, in virtù della sua dichiarata fede nuclearista, ha stampato il suo nome su un decreto iniquo, assurdo e incostituzionale che passerà alla storia come il decreto “Romani/ENEL/Petrolieri”.
Si tratta del famigerato decreto del 3 marzo 2011 che, negando il buonsenso e l’evidenza, segna la fine dell’energia fotovoltaica e delle energie rinnovabili in Italia, eliminando gli incentivi statali e lasciando centinaia di migliaia di persone senza lavoro.
Quindicimila famiglie rischiano di perdere in pochi mesi il posto di lavoro, un indotto che occupa altre 100.000 persone sarà colpito. E’ un prezzo altissimo, in termini sociali ed economici, che verrà pagato da uno dei pochissimi settori produttivi non colpiti dalla crisi e da un numero importante di lavoratori e famiglie.
Per una regione come la Calabria oltre al danno si aggiunge la beffa. Innanzitutto, perché noi siamo potenzialmente una delle regioni italiane più produttive di energia solare e fotovoltaica e, quindi, il decreto Romani ci taglia le gambe e rappresenta una forte penalizzazione per la nostra regione che potrebbe vedere in questo settore uno dei fattori del proprio rilancio. In secondo luogo perché lo sviluppo e la promozione degli investimenti nelle energie rinnovabili potrebbe innnescare una spinta propulsiva per la crescita dell’economia e dell’occupazione, coniugando sviluppo, sostenibilità ambientale e valorizzazione delle risorse naturali e favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro stabili e puliti in una regione che ha il tasso di disoccupazione più alto d’Italia.
Chiediamo, pertanto, che il ministro Romani e il governo Berlusconi fermino questo scempio, revocando il decreto antirinnovabili del 3 marzo 2011.
E’ un’altra la strada da percorrere. Vengano finanziati i progetti strategici per far crescere in Calabria e in Italia la produzione di energia da fonti rinnovabili. Si faccia un grande investimento a sostegno del progetto sperimentale dell’Autostrada Solare tra Scilla e Bagnara che ho lanciato alcuni anni fa nella mia qualità di Assessore Regionale all’Urbanistica. Esso potrebbe costituire la più grande centrale nazionale diffusa sul territorio per la produzione di energia fotovoltaica.
Salvare e potenziare la produzione energetica da fonti rinnovabili significa guardare al futuro e dare fiducia e speranza alle nostre famiglie e ai nostri figli che si trovano oggi incolpevoli nella precarietà e nell’incertezza.
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