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Dopo aver privato i cittadini italiani del diritto di scegliere deputati e senatori, adesso si vuole impedire ai calabresi di votare nominalmente i propri rappresentanti in Consiglio regionale. E’ l’ultima trovata del governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti, “taroccata” da antidoto contro le infiltrazioni ‘ndranghetistiche nelle istituzioni; problematica di cui il Pdl ha tutti i titoli per parlarne, visto che ne sa qualcosa.
Liste bloccate di candidati nominati dalle segreterie dei partiti, a loro volta varate dai comitati regionali eletti dai congressi degli iscritti. Congressi che, spesso, in Calabria e altrove non sono proprio esempi di democrazia partecipativa, non sono assemblee dove i cittadini si mettono al servizio di un’idea per il bene comune della “polis”, ma mercati coperti di tessere. “Tesserifici” dove una corrente, una fazione o – più frequentemente – l’uomo forte del partito fanno incetta di iscrizioni per prevalere sugli avversari interni. Così si assiste alle sfilate di intere famiglie di parenti fino alla quarta generazione intruppate fuori dalle sedi congressuali; a votazioni poco entusiastiche di vicini di casa, colleghi di lavoro, dipendenti, soci dell’associazione bocciofila e avventori del “Bar dello Sport”, cooptati in cambio di qualche promessa ; alla trascrizione di elenchi di nomi e cognomi di ignari cittadini presi direttamente dalle rubriche telefoniche.
Quelle sopraelencate le prassi più “veniali”, direi “normali”, a cui ricorrono le principali formazioni politiche, di tutti gli schieramenti, per veicolare il consenso durante i congressi ed eleggere le proprie leadership, quelle che secondo Scopelliti dovrebbero indicare gli eletti certi a Palazzo Campanella. Le più “veniali”, perché quando il gioco si fa duro e la posta in palio è alta i più spregiudicati sono disposti a mettere in campo anche l’armamento pesante. La nostra regione non è nuova, infatti, ad indagini della magistratura su pacchetti di tessere acquistate direttamente presso i boss della ‘ndrangheta, di congressi vinti grazie ai voti dei “picciotti”. Si leggano le carte dell’operazione “Meta” per farsi un’idea di come funzionasse (e come funzioni ancora) la dialettica interna a certe organizzazioni, per esempio quella Forza Italia da cui è sorto il Pdl. Una segretaria venuta fuori da travagli congressuali del genere, non libera da condizionamenti, può assumersi l’onere e l’onore di decidere gli eletti in un assise regionale su delega di migliaia e migliaia di cittadini?
Io ho preso la prima tessera di partito all’età di 16 anni, milito in una formazione politica e credo nel ruolo positivo che possono esercitare i partiti nella società, se portatori di istanze di pezzi sani e determinati della cittadinanza e fautori di progettualità di cambiamento. Se non nutrissi fiducia in questo ruolo, avrei già strappato o semplicemente non rinnovato quella tessera. Credo, inoltre, che i partiti possano e debbano dotarsi di specifici anticorpi e meccanismi depurativi, per prevenire, limitare e contrastare l’infiltrazione da parte di soggetti collusi coi clan, la massoneria e altre lobby di potere. Ma non confondo le buone intenzioni con la realtà, anche alle luce delle misere risposte ai periodici appelli all’autoregolamentazione delle liste.
In una situazione del genere, i partiti – soprattutto se privi di strumenti di controllo da parte della base – non possono essere gli unici depositari delle indicazioni delle elettrici e degli elettori. Perché, se è vero che il voto di preferenza è denso di insidie, il voto ad una lista bloccata può essere anche peggio, molto peggio. Con una modalità del genere c’è addirittura il rischio che una cosca criminale, invece di puntare su singoli “cavalli”, faccia “asso cogli tutto” e determini TUTTI gli eletti di una o più liste: basta impossessarsi di quelle formazioni attraverso il mercato delle tessere e la nomina di dirigenti “amici”! Con la modalità sponsorizzata da Scopelliti, infine, si impedirebbe ai cittadini-elettori di scegliere, anche all’interno di una lista che non si è posta troppi fronzoli morali durante la formazione delle liste, tra candidati onesti e “impresentabili”, tra candidati inseriti per meriti politici e candidati “catapultati” perché lacché (o “veline” o protagonisti dei “bunga-bunga party”) dei “signori delle tessere”, con il rischio di incentivare ulteriormente la disaffezione dalle urne da parte delle persone perbene e decuplicare il potere contrattuale di chi vota per interesse.
Una proposta irricevibile, quella del governatore della Calabria, da rispedire senza indugi al mittente e far fallire. I partiti facciano la loro parte per vigilare sulla questione morale interna e l’immagine che danno all’esterno; per il resto ci sono le leggi vigenti dello Stato in materia di contrasto al condizionamento criminale del voto e, non ultimo, il diritto-dovere dei cittadini di decidere secondo coscienza.
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