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Chi pensa di liquidare la pratica dei Consorzi di bonifica calabresi con un semplice tratto di penna si sbaglia di grosso. La mera soppressione di gran parte dei Consorzi finirebbe, infatti, per aggravare ancor più lo stato di salute – per la verità pessimo – dell’agricoltura calabrese.
Vanno molto di moda, oramai, condurre scelte politiche solo sulla base di semplici calcoli meramente ragionieristici. Questo accade nel Paese, e sembra che capiti anche in Calabria. Calcoli ragionieristici alla stregua dei quali l’azione volta a migliorare le performance di gestione viene spesse volte sostituita da misure illogiche e drastiche che producono il solo risultato di aumentare i costi per la collettività ed incrementare la anarchia nella gestione di funzioni e competenze di straordinaria importanza.
Beninteso, nessuno vuole nascondere che la gestione dei Consorzi di bonifica debba essere improntata a maggiore efficienza riducendo, ove possibile, i relativi costi di gestione. Ma vogliamo veramente credere forse che il problema della bonifica calabrese si risolva con la soppressione ed il drastico ridimensionamento degli enti? E come la mettiamo con la conseguente nomina di vari commissari liquidatori che ovviamente sono destinati ad essere lautamente remunerati?
Tutti coloro che vivono e conoscono l’agricoltura (quella vera e non solo “sulla carta”) sanno bene che i problemi sono di diversa natura.
I problemi sono costituiti da una dotazione infrastrutturale vetusta che necessita di interventi straordinari di manutenzione e, conseguentemente, di ingenti investimenti. I problemi sono costituiti da sempre minori trasferimenti di risorse da parte della Regione Calabria ed alla conseguente impossibilità da parte dei Consorzi di fornire i servizi in favore degli agricoltori. I problemi, quelli veri, sono costituiti dalla assoluta marginalità della bonifica calabrese rispetto alle dinamiche amministrative nazionali e comunitarie che, invece, potrebbero e dovrebbero rappresentare un punto di riferimento costante. Sguarnire i territori di questi importanti presidi significare danneggiare l’agricoltura e le aziende agricole. Occorrerebbe invece riflettere sui veri problemi della bonifica. A cominciare dalla esigenza di una programmazione ed una progettazione maggiormente aderente ai bisogni dell’agricoltura e degli agricoltori. Occorrerebbe credere di più nella sinergia con gli altri enti territoriali. Occorrerebbe investire nell’immediato risorse per ridare ai Consorzi di bonifica l’importante ruolo che in passato hanno avuto. Occorrerebbe assicurare regolarità nei pagamenti delle spettanze alle maestranze e avviare oggi e non domani un percorso di formazione delle stesse alla luce della mutate esigenze. Agli agricoltori reggini interessa avere l’acqua ed i servizi. E su questi temi, inspiegabilmente, il dibattito politico – istituzionale è di fatto colposamente silente.
Nella qualità di Assessore provinciale all’Agricoltura profonderò ogni sforzo per fermare eventuali sconvolgimenti istituzionali nell’assetto dei Consorzi di bonifica che non siano legati a logiche di efficienza e di maggiore attenzione nei riguardi degli agricoltori. Lo farò con coscienza e consapevolezza, avendo conosciuto da vicino – per quanto concerne il territorio della provincia di Reggio Calabria – la buona volontà e la predisposizione a fare bene dei loro Presidenti e degli organi di governo e gestione. E con loro la Provincia di Reggio Calabria, su mia iniziativa, ha già avviato coraggiosamente un percorso di collaborazione che porterà nel breve periodo a realizzare alcuni importanti interventi sul territorio.
L’agricoltura reggina non ha bisogno di un altra “bella infornata” di Commissari (ce ne sono già abbastanza addirittura in carica dal 2007 con il compito di liquidare i già soppressi Consorzi). L’agricoltura reggina ha bisogno invece di attenzione vera e di impiego di risorse per supportare investimenti. Non serve inaugurare la Diga sul Metramo, peraltro a distanza di trent’anni dalla sua progettazione, e poi non cogliere le opportunità connesse alla utilizzazione della risorsa acqua in favore degli agricoltori dell’intera Piana di Rosarno. La Regione pensi ad esempio a garantire la ottimale fruizione di questa importante opera, che rischia invece di essere sottoutilizzata e di non assolvere alla funzione per la quale è stata costruita. Sarebbe l’unico linguaggio che l’agricoltura reggina comprenderebbe.
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