Il comunista Capelli

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Dopo la morte di Stalin girava una storiella.

Il baffuto sanguinario dittatore comunista arrivò in paradiso e vide anziani che meditavano, vergini che suonavano l’arpa e giovani che cantavano e disse: questo posto non fa per me. Lo portarono allora all’inferno e vide allegre comitive di donne e uomini che bevevano cantavano e folleggiavano e disse voglio restare all’inferno. Un attimo dopo fu preso da due diavoli con il forcone e gettato in un calderone pieno di pece. Questi si lamentò e disse: tradimento! Non è l’inferno che mi avete fatto vedere. E quelli risposero: propaganda caro compagno, propaganda come quella che hai fatto tu.

Questo per far capire che spesso la reclame o la propaganda, in special modo quella comunista, tradisce la realtà. La triste storia del compagno Capelli è l’esempio.

Siamo nella rossa Romagna ai tempi del fascismo, a Bagnocavallo, talmente rossa che quando si svolsero i funerali di “Pulson” egli non volle preti ma solo garofani rossi. Aveva organizzato una scuola di socialismo e di atei, formatisi così bene che passando davanti alle chiese era usanza “sputare per terra”. Tra questi studenti c’era anche Capelli con tradizione familiare ferrea che non ammetteva come “suppellettile” il crocefisso. Egli divenne un grane rivoluzionario e uno dei capi comunisti del paese e dopo la vittoria della gloriosa DEMOCRAZIA CRISTIANA nel 1948 scomparve dalla circolazione. Andò a cercare “il sol dell’avvenire” nella comunistissima CECOSLOVACCHIA, non sopportava più l’Italia che aveva scelto la democrazia.

Ogni tanto i parenti informavano i paesani e gli orgogliosi compagni che arrivavano le lettere del Capelli il quale era felicissimo di abitare in Cecoslovacchia, lì dove il comunismo si era affermato, i fiori sono profumati i palazzi grandiosi e tutti vivevano felici, non come in Italia dove comandava De Gasperi con il  capitalismo schifoso e dove è tutto brutto. “Fortunato lui ad essere li” dicevano i suoi compaesani.
Ma dopo qualche mese, di lettere dalla Cecoslovacchia, neanche più una. La madre sconvolta cercò in tutti i modi di darsi da fare per sapere qualcosa e i “rossi “ del paese le dissero: “avrà provato a tornare ed appena giunto in Italia lo hanno arrestato per non dare testimonianza che il comunismo è migliore di questo regime che ci propina De Gasperi e la sua DC”.

La sera del 26 Gennaio 1953 Capelli scese alla stazione del paese romagnolo così magro da reggersi in piedi a malapena. La notizia del suo ritorno fece il giro del paese e ben presto la sua casa si riempii di compagni che volevano sapere, volevano inebriarsi dei racconti del mito “comunista”. Tutti i compaesani andarono a trovarlo e tra gli altri Giacomoni, Vecchi, Calderoni, Venturi.
“Allora compagno, dai,  raccontaci quanto è bello il sol dell’avvenire, parlaci della Cecoslovacchia”.

Il quel preciso istante il Capelli esclamò: ” La Cecoslovacchia non voglio nemmeno vederla sulla cartina geografica. Voglio rimanere per sempre qui in Romagna”. Ed allora cominciò a diffondersi scandalo, panico disillusione, i compagni più accecati dalla dottrina diabolica cercavano di ricondurlo alla ragione (la loro, purtroppo errata, ragione) “ non vedi quanto schifo fa il capitalismo? Gli disse un esponente della camera del lavoro.

Ed egli: “non ti lamentare, io non ho più nulla tranne che i calli nelle mani e 15 mesi di prigione addosso, tu caro compagno sotto De Gasperi ti sei comprato una casa ed il motoscooter. Ero partito perché avevo dei grilli per la testa ora me li sono cacciati … perbacco”.
I maggiori esponenti della sezione comunale del PCI gli diedero appuntamento al mattino seguente: dobbiamo parlare, vieni in sezione. E così avvenne. “tu eri un dirigente comunista se parli così ci danneggi” risposero i maggiorenti del partito. E lui : “io rimango progressista ma non me la sento di lavorare per un partito che limita la libertà individuale, gli atti del comunismo cecoslovacco sono  la distruzione del capitale privato della grande industria e del latifondo i partiti di opposizione aboliti , tutto è gestito dallo Stato, dalle macellerie ai ristoranti e lavori 14 ore al giorno e chi si lamenta … via ai lavori nelle miniere a mangiare zuppa di ortiche”

Cercarono di dissuaderlo dal raccontare il tutto, proprio adesso che era tempo di nuove elezioni. Alcuni erano così “ciechi” da pensare che Scelba (allora uno dei maggiori esponenti DC e Ministro dell’Interno) lo avesse fatto incarcerare per renderlo così “pazzo”.
Di lui dopo qualche giorno si interessarono anche gli esponenti provinciali del partito che gli consegnarono una carta da firmare per smentire tutte quelle sue affermazioni ormai arrivate sui giornali, con promesse di grossi incarichi nel partito.  Ma lui invece era ragazzo ribelle ieri e lo sarà per sempre. Le cose che ha visto le ha narrate. E la madre si convinse ad andare in chiesa ad onorare la Madonna perché solo “un santo poteva averlo aiutato a ritornare vivo da quell’incubo comunista”.

P.S.: 1di 2
La rivolta del popolo Cecoslovacco contro il comunismo fu sedata nel sangue dai carri armati sovietici e in Italia tanti si schierarono a favore di quel massacro.

2 di 2
Fa ridere che gli eredi politici di chi a quei tempi infangò De Gasperi con parole tipo “ lo prenderemo a calci nel deretano  e nelle chiese costruiremo tante mangiatoie per i nostri animali”  in questi anni lo festeggia in una festa chiamata “Dell’Unità” che come sappiamo era il giornale di partito da cui spesso quelle accuse partivano.
(tratto dal libro IL FIGLIO DELLA TUGNINA di Lorenzo Bedeschi).

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Author: Ivano Verduci

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