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Continuiamo ad assistere alle stesse drammatiche scene, aggravate da un’incontestabile mutamento delle condizioni climatiche causato dall’uomo: piove e si allagano intere città, interi quartieri rimangono isolati e, nella peggiore delle ipotesi, dobbiamo subire la tragedia della perdita di vite umane. E’ bastata una nottata di pioggia per creare ingenti danni nel Catanzarese e nel Crotonese, con case che rischiano di crollare, famiglie isolate, fiumi esondati, e strade e ferrovie completamente bloccate.
Non possono più essere tollerate immagini di morte e distruzione che si ripropongono alla nostra vista per colpa di quelle politiche delle licenze e dei condoni facili che hanno permesso l’abuso e lo scempio del nostro territorio: manca, in Calabria come nel resto dell’Italia, una politica della prevenzione su larga scala che riesca a inserire l’immediata messa in sicurezza del territorio in un progetto organico di soluzione al dissesto idrogeologico.
Purtroppo, una buona parte della nostra regione è ad alto rischio idrogeologico e, a furia di costruire dove non si sarebbe dovuto (allargando le città solo per soddisfare la pressione, ben ricompensata, dei palazzinari) e di abbandonare i centri storici, oggi ci ritroviamo in una situazione in cui i vecchi nuclei urbani cadono a pezzi mentre i nuovi insediamenti non rispettano i requisiti minimi di vivibilità in sicurezza: tutto ciò in assenza di una seria programmazione di interventi puntuali e complessivi.
Solitamente, infatti, i provvedimenti presi riguardano singoli aspetti e durano il tempo di un finanziamento che – magari- arriva anche in ritardo per colpa delle lacune delle istituzioni sovraordinate, come l’intempestività della reperibilità delle risorse e degli stanziamenti, ma anche delle condizioni alle quali viene vincolato l’uso di quest’ultimi, che vedono impreparati i potenziali enti utilizzatori. Già alla fine del 2012, gli interventi necessari per la messa in sicurezza del territorio italiano, al fine di ridurre il rischio derivante dalle precipitazioni intense, furono stimati in circa 40 miliardi di euro : un importo che ripagherebbe la nostra collettività ben oltre le grandi – quanto inutili – opere pubbliche (tenendo anche conto dei maggiori costi sostenuti per porre rimedio alle urgenze dei disastri ormai avvenuti) e che darebbe la possibilità di dare respiro con continuità all’edilizia pubblica e, con essa, alla nostra economia in crisi.
Occorre, dunque, ripensare la politica di prevenzione e mitigazione del rischio, oggi utilizzata esclusivamente per salvare il salvabile, quando non per conservare clientele privilegiate.
In Calabria, solo un utilizzo razionale delle risorse stanziate all’interno di un piano organico potrebbe risolvere i problemi derivanti dal dissesto idrogeologico e, nel contempo, potrebbe soddisfare le esigenze produttive e del mondo del lavoro attraverso l’affidamento di tali lavori mediante pubblici appalti, mobilizzando la capacità produttiva in stallo delle imprese locali, conoscitrici storiche del concreto contesto territoriale in cui muoversi.
Sarebbe uno sforzo che metterebbe sullo stesso piano la realizzazione di obiettivi economici con quelli relativi all’ambiente, possibilmente in un contesto di vigile legalità.
Un’utopia ? Forse… Ma penso che nessuno dovrebbe impedirci di sperare ed operare per un futuro migliore per la nostra terra.
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