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Scorro le agenzie che parlano del “trasferimento” al Nord di alcuni ministeri e non riesco a trattenere l’irritazione. E non per il “trasferimento” in sé, bensì per le reazioni che ne sono seguite.
Ancora una volta, di fronte ad un fatto gravissimo sotto il profilo legale – costituzionale, l’opposizione, politica ed intellettuale, gli stessi giornali antiberlusconiani doc, non trovano di meglio che ironizzare di fronte a quella che sarebbe “l’ennesima pagliacciata” del Carroccio.
Anziché evidenziare che la questione assume un significato esiziale per la tenuta e la credibilità delle Istituzioni della Repubblica, si continua a scherzare sul carattere bizzarro, folcloristico, iperbolico, sui generis, pagliaccesco, di un partito che, di strappo in strappo, sta minando alla radice i pilastri della coesione nazionale.
Beninteso: quello che viene venduto come trasferimento di sedi ministeriali, altro non è che l’apertura di uffici distaccati degli stessi, peraltro privi di alcuna funzione operativa. In concreto l’ennesima presa in giro per i cittadini del Nord.
Ma è il messaggio che ne discende ad essere pericoloso, devastante: quello per cui in Italia si può giocare con le Istituzioni per fini partitici ed elettorali. Di più: gli organi dello Stato diventano strumenti da utilizzare a fini propagandistici da parte di un partito politico.
Se poi questo partito si chiama Lega Nord, ed al primo punto del suo statuto leggiamo che il suo obiettivo è “il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”, la cosa assume un rilievo ancora più sinistro, per certi versi evocativo.
Ieri le Guardie padane, gli insulti al tricolore e la scuola di Adro, solo per fare qualche esempio. Oggi l’uso ad partitum delle Istituzioni dello Stato. Mi chiedo, e chiedo: ma cosa deve ancora accadere perché si reagisca adeguatamente a questo degrado della vita pubblica nel nostro paese?
È proprio il caso di dire che l’indifferenza sta ammazzando ogni giorno la nostra democrazia.
Luigi Pandolfi
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