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Entro la fine del mese di febbraio sarà completato il posizionamento di cinquanta dosimetri per la misurazione della concentrazione di gas radon nella città di Lamezia Terme.
Questo monitoraggio assume un doppio valore, non solo perché una delle città più grandi della Calabria sarà complessivamente controllata sui valori di radioattività naturale nei luoghi di vita e di lavoro, anticipando di fatto la normativa della direttiva comunitaria 59/2013/Euratom che l’Italia dovrà recepire entro quattro anni, ma anche perché l’iniziativa è nata dalla comunione di intenti tra soggetti privati e pubblici.
Il progetto, infatti, è alla base di una convenzione che l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria (ARPACAL) ha stipulato con l’Aneas (Associazione Nazionale Esperti ed Addetti della Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro) con la Efei (Ente Paritetico Bilaterale Nazionale per la Formazione) e con la Sinergetica Group S.r.l. .
L’accordo “a quattro” prevede che gli operatori privati, dopo una apposita fase di formazione curata da tecnici Arpacal, si attivino nel posizionamento dei dosimetri sulla base di una pianificazione dei punti di misura, studiata appositamente per rappresentare il territorio comunale, a partire dall’individuazione delle aree con una elevata probabilità di rischio radon (cosiddette prone areas).
Nella convenzione quadro, l’Arpacal, oltre a garantire la supervisione scientifica dell’iniziativa, si impegnerà a raccogliere, analizzare ed elaborare i dati acquisiti dai dosimetri, realizzando un primo report semestrale dei risultati ottenuti, ed un secondo report annuale, coincidente con la fine della campagna. Il progetto viene sviluppato, infatti, in un periodo di circa 12 mesi e permette di allestire la prima banca dati per la misura della concentrazione del gas radon in ambienti chiusi, indispensabile passo per la stesura di una mappa territoriale per il rischio radon. Attraverso l’acquisizione delle coordinate geografiche di ogni punto di misura, inoltre, sarà possibile costruire una cartografia con i diversi valori di concentrazione media di attività di radon.
“La scelta della tipologia di ambienti chiusi da monitorare nasce oltre che da una indicazione normativa – fanno sapere i tecnici del progetto – dall’applicazione di un primordiale principio di radioprotezione volto al contenimento della dose assorbita dalla popolazione. Poiché il radon è un gas radioattivo, può risultare cancerogeno se inalato in concentrazioni elevate.
La principale fonte di questo gas risulta essere il terreno, dal quale fuoriesce e si disperde nell’ambiente, accumulandosi in locali chiusi dove diventa pericoloso. Si stima che sia la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta, ed alcuni studi evidenziano sinergie fra le due cause. Per i non fumatori, invece, è statisticamente la prima causa di tumore al polmone”.
“La raccolta di dati sperimentali diretti e delle informazioni sui materiali da costruzione dei diversi immobili destinati a luoghi di lavoro e utenze abitative – concludono i tecnici del progetto – rappresentano una base dati indispensabile per la stesura di una efficace mappatura del radon sul territorio. Inoltre, il coinvolgimento diretto della comunità contribuirà alla diffusione delle conoscenze sugli agenti fisici inquinanti e sulla loro pericolosità”.
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