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«Dove e come dobbiamo curarci? Da mesi chiediamo risposte chiare, ma ci hanno abbandonato: sappiamo solo che, senza il centro in Calabria, per noi vengono meno delle cure vitali» questa la drammatica denuncia dei pazienti calabresi affetti da fibrosi cistica e dei loro familiari.
Martedì 3 novembre, dalle ore 9.30, faranno un sit-in di protesta proprio per chiedere risposte sul destino del centro regionale fibrosi cistica. Faranno tappa presso la direzione sanitaria del presidio ospedaliero di Lamezia Terme, sede del centro, gli uffici amministrativi dell’Asp di Catanzaro e il palazzo della Regione, sede del dipartimento tutela salute.
I timori espressi in questi mesi si sono concretizzati: da venerdì 30 ottobre, il centro regionale fibrosi cistica, ubicato presso l’ospedale “Giovanni Paolo II”, è stato costretto a sospendere i ricoveri per carenza di personale medico e infermieristico. Colpite anche le altre attività garantite dal centro, assistenza quotidiana, prevenzione, ricerca, diagnosi.
Ma la fibrosi cistica è una malattia molto grave: i pazienti non possono permettersi sconti e abbandoni da parte delle istituzioni. Sperano che si possa trovare una soluzione definitiva, anche perché la chiusura del Centro rappresenterebbe un enorme spreco di denaro pubblico e del lavoro fatto fin qui, oltre 300 mila euro per l’apertura e formazione del personale.
Nonostante i problemi e la precarietà, infatti, il centro ha ottenuto la certificazione di qualità ISO 9001 e ha ridotto l’emigrazione sanitaria quasi a 0. Intanto il senatore Nicola Morra ha portato la vicenda in Senato con una decisa interpellanza al Presidente dell’assise.
Queste le testimonianze dei pazienti e dei loro familiari che, con un comunicato, informano della loro condizione precaria:
“Eccellenza e precarietà del personale: centro a rischio – Pazienti e genitori sono molto grati al personale che fino a oggi ha garantito le attività e l’eccellenza del centro, nonostante la precarietà (3 medici precari su 4) e la carenza di organico rispetto agli standard europei. Fino a oggi il personale è stato formato da una psicologa (Maria Furriolo), un fisioterapista (Pietro Ragno), tre dottoresse (Rosa Fasano, Elisa Madarena, Barbara Vonella), cinque infermieri (Immacolata Bilotta, Giustano Fiaschi, Pietro Lucchino, Rosalba Mercuri, Giuseppe Nicotera) e una caposala (Angela Dattilo). Il centro è diretto dal dottore Giuseppe Tuccio.
Le tre dottoresse e il fisioterapista non sono stati assunti, ma hanno ricevuto una borsa di studio che non garantisce alcun diritto, coperta dai fondi della legge 548 del ’93 per le dottoresse e dalla Lega Italiana Fibrosi Cistica nazionale per il fisioterapista. Queste figure hanno profili eccellenti e stanno frequentando prestigiosi master con fondi pubblici: prima sono stati formati e ora vengono sottratti al centro regionale fibrosi cistica. In questo modo, viene meno il legame di fiducia medico-paziente, fondamentale per i pazienti che vedono i medici per tutta la vita, e si perde il lavoro e l’investimento fatto fino a ora.
La dottoressa Vonella, dopo 2 anni di precariato e dopo aver rifiutato diverse chiamate fuori regione, è stata costretta ad andare in Lombardia per un posto a tempo indeterminato che la porterà lontano dalla sua famiglia e le lascia l’amarezza di non poter restare con i pazienti calabresi. La dottoressa Madarena, al momento, è a rischio di essere allontanata dal centro. In reparto restano il direttore del centro, il dottore Giuseppe Tuccio, e la dottoressa Fasano, borsista precaria. A fine anno scade anche la borsa di studio della LIFC (Lega Italiana Fibrosi Cistica) del fisioterapista. Gli infermieri, già insufficienti, sono ridotti a 4 per motivi contingenti.
In queste condizioni il centro è stato costretto a sospendere i ricoveri. Ma la limitazione colpisce anche altre attività legate all’assistenza quotidiana, alla ricerca, alla diagnosi e alla prevenzione, come screening neonatale, test del sudore, day hospital.
Ricordiamo che il centro è l’unico posto in Calabria dove si effettua il test del sudore con la metodica Gibson e Cooke, l’unica standardizzata e validata a livello mondiale.
Già il centro, nato come struttura autonoma, aveva subito un duro colpo con l’accorpamento a pediatria, previsto dal decreto n.2 del 9.4.2015 a firma del Commissario per il piano di rientro della spesa sanitaria, Ing. Massimo Scura, che fa indietreggiare la cura di decenni. Infatti chi ha concepito questo decreto – visto che il Commissario ha dichiarato pubblicamente di averlo solo firmato ma non ideato – non ha tenuto conto dell’innalzamento dell’età media di vita dei pazienti FC (oggi 40 anni), e di tutte le necessità fisiologiche dovute all’età, incompatibili con la pediatria.
La storia del centro e i risultati ottenuti – Fino all’apertura nel 2014 del nuovo centro autonomo a Lamezia Terme, il centro è stato ubicato presso il reparto di pediatria dell’Ospedale di Soverato. Dal 1982, grazie all’opera del dottore Pasquale Alcaro e del direttore del centro nazionale Gianni Mastella, il reparto ha funzionato da punto di supporto al centro nazionale di Verona. Nel 1996 vi è stato istituito il centro regionale per delibera di giunta regionale, collegato con gli altri centri italiani. Dal 2004 è stato avviato lo screening neonatale
Il centro di Lamezia Terme ha attualmente in carico 140 pazienti afferenti da tutta la regione. Metà dei pazienti ha un’età superiore ai 18 anni. Il più piccolo paziente ha 2 mesi di vita, il più grande 53 anni. Sono seguiti inoltre circa 20 pazienti con sindromi bronchiectasiche correlate alla Fibrosi Cistica.
I pazienti sono passati da 70 a 140, quindi il centro ha ridotto la drammatica emigrazione sanitaria quasi a 0. Quest’anno, ha ottenuto la certificazione di qualità ISO 9001 e ha all’attivo studi pubblicati, collaborazione con altri reparti, uso di farmaci innovativi, progetti di ricerca in collaborazione con i più importanti centri di riferimento delle altre regioni italiane. Per complessità di cure, nell’ospedale di Lamezia, è secondo solo al reparto di terapia intensiva.
La fibrosi cistica e la legge 548 del 1993 – La fibrosi cistica è la malattia genetica grave più diffusa nel mondo occidentale, solo nel nostro Paese conta oltre 2 milioni e mezzo di portatori sani in grado di trasmettere la malattia ai propri figli. Questa malattia colpisce un neonato su 2500: ogni settimana quattro bambini si scoprono essere affetti da questa malattia per la quale non esiste una cura definitiva.
La loro vita sarà segnata da difficoltà a respirare, continui ricoveri in ospedale, aerosol, fisioterapia respiratoria quotidiana, pillole ingerite per digerire. Negli anni Sessanta i bambini non superavano l’infanzia, oggi i bambini affetti dalla fibrosi cistica hanno un’aspettativa media di vita fino ai 40 anni e oltre, grazie alla ricerca e alla qualità dell’assistenza.
La legge 548/93 ha notevolmente migliorato la qualità di vita dei pazienti precisando le competenze richieste ad un Centro Fibrosi Cistica, fissandone l’istituzione in ogni regione italiana e prevedendo anche un finanziamento dedicato per l’assistenza e per la ricerca.
Secondo la legge, «le regioni istituiscono, a livello ospedaliero o universitario, un CENTRO SPECIALIZZATO di riferimento con funzione di prevenzione, di diagnosi, di cura e di riabilitazione dei malati, di orientamenti e coordinamento delle attività sanitarie, sociali, formative ed informative e, dove esistano le condizioni adeguate, di ricerca sulla fibrosi cistica”.
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