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Mercoledì 18 dicembre all’Horcynus Festival invernale serata-evento dedicata al grande teatro, con uno dei più celebri successi della compagnia Scimone – Sframeli. Sul palco del Teatro Politeama Siracusa alle 21.00 va in scena “Nunzio” di Spiro Scimone per la regia di Carlo Cecchi.
Lo spettacolo, Premio IDI “Autori Nuovi” 1994, Medaglia d’Oro IDI per la Drammaturgia 1995, è il testo italiano di nuova drammaturgia forse più tradotto e rappresentato nel mondo – dalla Francia al Canada, dall’Inghilterra all’Argentina, dalla Spagna al Brasile, dalla Svezia a Cile e Venezuela, passando per Belgio, Portogallo, Grecia, Croazia, Svizzera e Norvegia – ma non a Reggio, dove la compagnia Scimone – Sframeli non ha mai avuto l’occasione di proporlo.
Sul palco i due interpreti, Spiro Scimone e Francesco Sframeli, faranno rivivere due solitudini che convivono, due uomini ai margini della vita. Si ritrovano chiusi nello spazio di una cucina, attorno al tavolo che domina, al centro di quell’unico ambiente che è casa, rifugio, tana dove entrambi si nascondono: a sé, al mondo. Entrambi incapaci di decidere del proprio destino: l’uno sempre in giro, per misteriosi incarichi, forse un killer, costretto a ubbidire agli ordini di un invisibile mandante; l’altro ad affidarsi alle pasticche e al lumicino acceso davanti all’immagine del Sacro Cuore, nel rifiuto di ammettere la malattia che lo sta uccidendo.
“Nunzio” è un atto unico scritto in lingua messinese, costruito su un dialogo serrato, fatto soprattutto di domande e risposte ribattute, ossessivo nelle sue ripetizioni. Giacché l’ossessione circolare è la sua misura, è lo specchio fedele di una situazione senza uscite. O meglio: da cui non si vuole uscire, perché quel che s’intravede al di là è solo un buco nero senza ritorno. Non c’è però rischio di patetismi in “Nunzio”.
Anzi, la chiave privilegiata è piuttosto una comicità agra e svagata, costruita sui corpi degli interpreti, clown privati di contesto e tesi verso un’apparente immobilità, in realtà una sottile trama di azioni e reazioni che si ricreano sera per sera. È in quei corpi sempre consapevoli di esistere su una scena, nell’intimità della loro lingua, nella complicità dei loro gesti, che leggiamo una disperata volontà di resistenza umana.
Da “Nunzio” Scimone e Sframeli hanno tratto, nella triplice veste di autori, registi e interpreti, il film “Due amici”, Leone d’Oro come Miglior Opera Prima alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2002, nonché nomination come Miglior Opera prima 2002 al Premio David di Donatello, ai Nastri d’Argento, all’European Film Award.
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