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Un genere che ha conosciuto un forte declino, ma che, «come il resto dell’arte, non muore mai». È stato l’horror il filo conduttore dell’incontro tra il nutrito pubblico che alla spicciolata è accorso in sala numeroso e il cantante-regista Federico Zampaglione. Era lui l’ospite più atteso, ieri giovedì 15 dicembre, della seconda giornata del Calabria film festival, conclusasi a tarda serata dopo il dibattito con l’autore – moderato dal direttore artistico Alessandro Russo e dal presidente della Fondazione Calabria film commission Gianluca Curti – al quale è seguita una sua esibizione con chitarra e microfono che ha entusiasmato i presenti con brani tratti dal suo nuovo album, pezzi storici dei Tiromancino ed anche un omaggio al grande maestro del blues Robert Johnson.
Al termine, la proiezione del suo “Shadow”, «un horror che ha anche un risvolto drammatico», e racconta una storia di soldati in una guerra che li cambierà.
Il dibattito si è incentrato proprio sul genere, grande passione di Zampaglione da sempre. «Con questo film ho voluto dare un piccolo contributo per far riparlare dell’horror». Su “Nero bifamiliare”, suo primo film, ha spiegato che lui aveva in mente un giallo, mentre i produttori qualcosa di più leggero: «Alla fine abbiamo trovato un punto d’incontro, ma non era quello che volevo. Amo il cinema duro ed estremo, per questo “Shadow” per me è rappresentativo».
Non poteva non parlare del grande maestro del genere, quel Mario Bava che «ha riaggiornato il linguaggio, è stato tra i più innovativi, aveva tecniche di ripresa inverosimili, ha ispirato maestri come Dario Argento. Su questo – ha sottolineato – noi italiani siamo stati, e lo siamo ancora, primi della classe». Sulla fine del genere, incalzato dal presidente Curti, Zampaglione ha spiegato che a suo parere «nell’arte, e quindi nel rock come nel cinema, non c’è mai una vera fine. Arriva il pezzo giusto, il film giusto, e tutto riparte».
L’ex leader dei Tiromancino giudica il cinema «immortale, anche se ha pagato lo scotto della tv». Di divo o antidivo non vuole sentirne parlare: «Quello sulla popolarità è un discorso assurdo, maturato anche da certa televisione, che ha finito per mettere sullo stesso piano grandi artisti e gente del Grande fratello, con tutto il rispetto per loro». Curti, dal canto suo, ha spostato l’attenzione sul festival, dovendo constatare, però, come la città di Vibo Valentia «sia leggermente distratta. Abbiamo qui un artista di livello internazionale – ha rimarcato – ma forse si è ancora in un letargo invernal-culturale. Auspichiamo maggior partecipazione, e siamo sicuri che sarà così».
Zampaglione, stuzzicato anche da pubblico e giornalisti, ha poi parlato delle sue radici calabresi: «Mio nonno era di Melito Porto Salvo, e quindi metà della mia vita, per tre mesi all’anno, l’ho passata a godermi lo splendido mare di questa regione». Poi ha annunciato la lavorazione del suo nuovo film, che dovrebbe partire a marzo, e «sarà un giallo, per certi versi anche molto violento e molto italiano», svelando anche di avere pensato, in passato, di girare un horror in uno «scenario incredibile, che si presta benissimo a questa ambientazione: il paesino abbandonato di Pentedattilo», e non escludendo di farlo in un futuro, anche in qualche altra zona della Calabria come la Sila. Quanto alla violenza nel suo horror, su domanda esplicita, ha spiegato che a fargli paura «non sono tanto i vampiri, frutto di fantasia, quanto certi individui in Parlamento, che hanno le nostre vite in mano».
Infine, Federico Zampaglione è stato insignito del premio “Cinema e musica”, consegnato per conto del festival direttamente dal presidente Gianluca Curti, ed ha ricevuto anche un omaggio dal Comune ospitante, una fedele riproduzione di cinque monete dell’antica Hipponion, come un tempo si chiamava la città di Vibo Valentia. La proiezione di “Shadow” ha quindi chiuso la seconda giornata del Calabria film festival.
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