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Un lupo mannaro a Samo parte 1°, di Francesco Salerno
I lupi mannari sono esseri presenti in quasi ogni cultura del mondo, dal sud America al Giappone, passando per il nostro medioevo sino all’atavico racconto di Zeus e del re Licaone. Un mito, una leggenda, una storia per conciliare il sonno, questo pensano molti e anche io lo pensavo, almeno fino ai fatti del 13 Febbraio 1996 verificatesi a Samo, piccolo paesino montano della Locride.
Per questioni di privacy (e forse un po’ per vergogna) non rivelerò la mia identità, non chiaramente almeno. A voi che leggete queste parole vi basti sapere che faccio il medico e le mie iniziali sono A.F.
All’epoca degli eventi che a breve vi narrerò, ricoprivo il ruolo di medico generico in un piccolo borgo ai piedi di Samo, in attesa che qualche ospedale mi assumesse a tempo pieno. Passavo le mie giornate all’insegna dell’attesa sebbene, di tanto in tanto, qualche conoscente mi mandava a chiamare per visitare se stesso o un membro della propria famiglia che stava poco bene. Avvenne così che, ai primi di Febbraio, mi contattò il sindaco di Samo, pregandomi di salire in paese a visitare una donna che da giorni stava poco bene. Il medico locale era momentaneamente assente e io accettai di buon grado l’invito, sia per il giuramento che la mia professione mi imponeva, sia per rompere la noia delle giornate. Mi recai, dunque, al piccolo borgo ottemperando al mio compito, diagnosticando alla donna una febbre piuttosto pesante ma curabile con antibiotici e riposo. Dopo questo, il sindaco del paese mi invitò a rimanere al servizio della comunità, perlomeno sino al ritorno del dottore locale, previsto verso il 20 del mese. Si dà il caso che io avessi una zia a Samo, Rita, a cui volevo molto bene e che, certamente, sarebbe stata entusiasta di ospitarmi per quel breve periodo, così accettai. Come previsto, zia Rita fu felicissima di avermi con sé, ancor più che svolgevo una mansione ancora tanto prestigiosa e rispettabile nei piccoli borghi del sud Italia. La prima settimana di lavoro si rivelò alquanto piacevole e io fui davvero molto felice di mettere, finalmente, in pratica i miei studi universitari.
L’8 di Febbraio, però, cambiò tutto.
Era una mattina molto nuvolosa e fredda, con sprazzi di nevischio che risiedevano ancora nelle parti del paese non raggiunte dai raggi solari. Io, come sempre, mi recai al piccolo bar dinnanzi alla piazza del paese, ansioso di prendere il mio secondo caffè mattutino (il primo lo preparava mia zia) e, successivamente, recarmi alla piccola stanza che fungeva da studio medico. Avevo appena posato la tazzina ancora fumante sul bancone quando venne a me il sindaco del paese con aria preoccupata e ansiosa. Mi pregò di seguirlo all’istante e, anzi, quasi mi trascinò di peso fuori dal bar. Gli chiesi cosa era accaduto di tanto urgente e se qualcuno era in pericolo di vita, ma il sindaco non volle dirmi altro su cosa era accaduto e guidò, cupo e silenzioso, sino ad una vecchia casa appena fuori dal centro abitato. Qui, sulla soglia ad attenderci, una donna sui trent’anni che si muoveva nervosamente. Appena ci vide, ci venne incontro e ringraziò il sindaco per la celerità. Io potevo leggere nei suoi occhi un’ansia estrema e, pertanto, le chiesi cosa era successo di tanto urgente. La risposta che mi diede è impossibile da dimenticare:
“Dentro c’è mio marito, dottore. E voi dovete aiutarlo, è un lupo mannaro!”
Continua…
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