Un, due, tre, stella!

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di Marina Crisafi (Pubblicato su Calabria Ora)

Altro gioco tradizionale che ha tenuto impegnati i bambini di tutte le età e che non ha bisogno di presentazioni era: “un, due, tre, stella!”.

Si giocava in gruppo, rigorosamente in spazi aperti, nei cortili e nelle piazze. I bambini si riunivano e si ponevano dritti su una linea di partenza, allineandosi ad uguale distanza da un muretto, o, comunque, da una parete. Quello che dirigeva il gioco, si poneva con la faccia appoggiata al muro, dando le spalle agli altri, e cominciava a dire ad alta voce: un, due tre, stella! Poi si voltava di scatto cercando di sorprendere qualcuno ancora in movimento. Mentre il bambino che “stava sotto”, come si diceva nel gergo del gioco, contava, gli altri dovevano cercare di avanzare rapidamente verso di lui, ma non appena si girava, dovevano restare immobili. Se qualcuno veniva scoperto in movimento, o non aveva raggiunto in tempo una posizione di equilibrio, veniva penalizzato e doveva tornare indietro sui suoi passi, retrocedendo sino alla linea di partenza. Il gioco continuava così sino a quando qualcuno dei bambini riusciva a raggiungere il muro. Vinceva il giocatore che riusciva ad arrivare per primo al muro, al quale toccava a quel punto “stare sotto” nella partita successiva, comandando, a sua volta, il gioco. In alcune varianti, chi arrivava per primo, mentre toccava il muro doveva gridare “stellone!”, oppure, per rendere più difficile il gioco e velocizzarlo, molti bambini, soprattutto i più grandicelli, anziché dire “un, due tre stella” usavano la parola “orsù”. Molto simile alle “belle statuine”, ma anche al “nascondino”, con l’unica differenza che lo stare sotto in questo caso è visto come un premio e non come una punizione, “un, due, tre, stella!” è uno dei giochi dal sapore antico per i quali era necessaria solo un po’ di fantasia e di voglia di divertirsi, noto non solo dalle nostre parti, ma anche in tutta Italia e in diversi paesi europei con i medesimi meccanismi.

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Author: Cristina

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