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Di Francesco Violi
Il 13 giugno 1693 Francesco Gemelli (Radicena, 15-17 ottobre 1648 – Napoli, 25 luglio 1724) si accinge a partire per un lungo viaggio e ne lascia una grande testimonianza nella sua opera più importante e famosa, Giro del mondo, un reportage, un diario di viaggio dettagliato, pubblicato poi a Napoli intorno al 1699-1700 dall’editore Roselli. Compie gli studi a Napoli, nel collegio dei gesuiti e ottiene il dottorato in giurisprudenza. Rimane nella città partenopea entrando nella Giudicatura del Regno ma nel 1685 è costretto ad abbandonare, per circa un anno, a causa di persecuzioni dovute al lavoro. Ecco che è l’occasione in cui spunta la vera natura di quest’uomo, quella dell’esploratore, dell’avventuriero. Intraprende un viaggio in Europa: Spagna, Francia, Germania, Ungheria, dove partecipa anche a una guerra contro i turchi. Rimane ferito, in particolare nell’assedio della città di Buda (1686).
Un secolo dopo circa, Buda viene unita alle città di Obuda e Pest per formare Budapest (quinta guerra austro-turca) e l’assedio del 1686 consente la liberazione del dominio turco dell’intera Ungheria, anche grazie all’aiuto dei dragoni del principe Eugenio di Savoia. Nel 1687 lo ritroviamo a Napoli dove pubblica i suoi Viaggi d’Europa (1693) e prima di quest’opera, un resoconto di quanto aveva vissuto in Relazione delle campagne d’Ungheria. La pubblicazione di queste sue prime opere avviene sottoforma di lettere anche grazie alla collaborazione dello storico, archeologo, bibliotecario, napoletano Matteo Egizio. Riprende le sue funzioni nella Giudicatura del Regno ma gli vengono precluse cariche religiose nonostante fosse di estrazione aristocratica. Entra in contrasto con la propria carriera, forse per via di alcune delle delusioni o forse perché richiamato a ben altre ambizioni infatti nel giugno del 1693 parte per un viaggio intorno al mondo.
Da Napoli fa una sosta a Radicena in Calabria, dai propri familiari; si sposta a Palmi, da li a Messina, poi ancora a Malta dalla quale si imbarca per raggiungere l’Egitto. Si dirige in visita di luoghi santi, Costantinopoli, l’Armenia, la Persia. Si addentra fino in India e poi ancora in Cina. Da li alle Filippine, per attraversare il Pacifico e, dopo giorni e giorni di mare, giunge in Messico. Il viaggio continua navigando sulla attraverso l’Atlantico e quindi la Spagna, la Francia, per sbucare nel porto di Napoli nel dicembre del 1698, dopo cinque anni e mezzo dalla partenza. Cinque anni e mezzo per un grande viaggio, da solo, tra l’altro commerciando per poter affrontare le spese. Muore a Napoli nel 1724 dopo, però, aver dato alle stampe la sua monumentale opera in 6 volumi dal titolo Giro del mondo. E così termina questo Giro dopo cinque anni, cinque mesi e venti giorni, appunto il dì festivo di San Francesco Saverio Apostolo delle Indie e protettori dei viaggiatori. Quello del Gemelli è stato un viaggio incredibile, unico; il primo ad aver compiuto un giro del mondo per buona parte via terra. È considerato il fondatore del turismo. La sua opera ha ispirato la ben più famosa pubblicazione Giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne. La sua è stata un’avventura non priva di ostacoli e rischi come quando a Costantinopoli, mentre i Turchi si preparavano per la guerra contro Venezia, viene accusato di essere una spia e imprigionato, rilasciato poi solo grazie all’intervento del console francese che aveva precedentemente incontrato.
Giunto in Cina, tanto i francescani spagnoli, quanto i gesuiti portoghesi, lo credono un inviato segreto del papa, mandato per controllare le missioni di questi ordini religiosi. Ma le insidie il Gemelli le incontra anche in patria: informazioni sui suoi scritti parlano di “un forzato oblio sul suo suolo, sul suo libro, sul suo essere, imposto da forze non definite ma immaginabili […]”. Si parla di fatti indicibili, di diari segreti, dove forse vengono messi a nudo facce dell’alto clero lontano da Roma. Francesco Gemelli resta un personaggio singolare, la cui voglia di agire, di lottare contro il “male di vivere” gli ha permesso di vedere il meraviglioso nel quotidiano, l’eccezionale nel banale.
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