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Da lungo tempo non vedevo il mare
tremavo e rimanevo ad aspettare,
come se la paura fosse figlia orfana
di quel coraggio morto nell’ultima battaglia.
La mano fruga alla ricerca di una catena
che possa legare finalmente quel sentimento che ci attanaglia.
Mi lascio trasportare dal rumore delle onde del mare.
Sono cieca all’improvviso anche se
una leggera luce mi scalda il viso.
Apro gli occhi ma l’iride scorge nuvole su di un manifesto,
questo cielo che ancora mesto, colora di grigio il mio vedere.
Chiudo gli occhi ed ecco che riappare lo sfondo del mio mare,
il profumo di un pescato che al porto ancora non e’ approdato.
Sento stridulo quel gabbiano,
forse aspetta la sua nave
e nel ricordo di un bambino
ecco che riaffiora il potere del mattino.
Quando felice era colui che aprendo l’anta
della sua finestra, immaginava già un altro giorno di festa.
Sono stati tristi i giorni ad aspettare,
mentre la speranza come un Dio col suo carretto,
riportava in cielo il sole.
E intanto si pensava con amore e con il cuore alll’alba che verrà.
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