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di Marina Crisafi su Calabria Ora
Uno dei più classici giochi all’aperto di un tempo neanche troppo lontano era la “palla prigioniera”. Giocato tradizionalmente in strada e nelle piazze, da bambini e ragazzi di tutte le età, era uno sport basato principalmente sull’agilità e sullo spirito di gruppo. Due squadre, con uguale numero di partecipanti, si affrontavano su un campo da gioco rettangolare, suddiviso in due linee parallele distanti tra loro qualche metro e in due fasce più piccole, retrostanti.
Si procedeva, quindi, ad estrarre a sorte i capitani di ogni squadra che, a loro volta, avevano il diritto di scegliere i loro componenti e si sorteggiava anche il concorrente del gruppo che doveva lanciare per primo la palla oltre la linea avversaria. Infine si cominciava. L’obiettivo del gioco era quello di colpire gli avversari lanciando la palla con le mani aldilà della linea badando bene che non diventasse preda dei concorrenti e stando attenti a non superare con i piedi o con le braccia il confine, pena la perdita della propria libertà. Chi veniva colpito dalla palla, infatti, veniva “catturato” dalla squadra avversaria e costretto ad andare in prigione, spostandosi nella fascia più piccola del campo, dietro i giocatori del gruppo che aveva messo a segno il colpo.
Il primo giocatore ad essere preso diventava “capo prigione” e doveva assicurarsi che a turno tutti i prigionieri riuscissero a tirare: se riuscivano a riprendere al volo la palla lanciata da un compagno o dall’avversario, riconquistavano la libertà. I lanci erano naturalmente alternati e veniva proclamata vincitrice la squadra che riusciva a catturare tutti gli avversari, oppure, se si stabiliva un tempo massimo di gioco, quella con più giocatori liberi.
Altre regole essenziali erano: non colpire l’avversario sulla testa o sui piedi e non contraddire l’arbitro, pena l’espulsione dal gioco. A volte chiamato anche “palla combattente” o “palla battaglia”, palla prigioniera veniva giocato con un’infinità di varianti, una delle quali prevedeva il termine della partita con la “cattura” del capitano avversario che, ovviamente, per gli altri era in incognito.
Fatta eccezione per qualche tentativo di recupero a livello scolastico, anche palla prigioniera, oggi, è sparita dalle strade, soppiantata dalla tecnologia e dalla mancanza di spazi aperti.
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