La Sanpaolara di Mario Nirta

Mario Nirta

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V’erano giorni, a fine primavera inizio estate, quando le donne alla fiumara lavavano le coperte, stendendole poi sugli arbusti e cantando le vecchie canzoni di sempre, durante i quali sul paese pareva aleggiare l’atmosfera delle favole. E da una fiaba sembrava uscita la “Sanpaolara”, un’insolita discepola di san Paolo, che veniva da San Nicola d’Ardore con sulle spalle un sacco pieno di serpenti che ogni tanto mettevano la testa di fuori per ricacciarvela subito dentro terrorizzati dalle urla e dai fischi dei bambini. Lo sguardo mite, camminava a piedi sotto il sole ed ormai veniva al paese più per devozione che per necessità. E forse proprio perché non chiedeva niente, le paesane le regalavano di tutto. Con quella faccina buona e rotonda da nonnina delle fiabe, bianca e sempre sorridente, non s’intuiva cosa avesse a che fare con i serpenti che forse, a furia di stare con lei, s’erano rabboniti anch’essi. Arrivata nel paese cantando ad alta voce un suo personale inno di san Paolo, ed invitata ad entrare in casa, preferiva sedersi su una panchetta fuori dall’uscio al fresco sotto la pergola, raccontando favole meravigliose ai bambini ed insegnando ai grandi le “razioni” adatte a debellare le più impensate malattie. Nel primo pomeriggio, ringraziando per i doni, quasi sempre olio, pane e formaggio, prendeva la via del ritorno accompagnata sino all’uscita del paese dai bambini che le ciarlavano attorno. Quando superato il prato grande dietro il calvario arrivava laggiù alla vallata di Cannuli, ed ormai sotto i raggi del sole morente pareva essere ritornata in quelle favole da cui era uscita, lentamente sbiadiva. Diventava un puntino nero sempre più piccolo che finiva poi per dissolversi nel tramonto e con lei parevano dissolversi anche le fiabe. Ed il paese pareva più vuoto, più povero e più triste.

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Author: Redazione_Cultura