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di Marina Crisafi (Pubblicato su Calabria Ora)
Spontanea e prorompente, coraggiosa e libera, la poesia nasce dall’esigenza di tradurre in versi le emozioni e le sensazioni del vivere quotidiano, librandosi per dire agli altri ciò che solo l’animo nobile del poeta è capace di far emergere. Così è nata “Jjanda Mara” del poeta calabrese Bruno Salvatore Lucisano, pubblicata da Associazione Brancaleone Cultura.
Un corpus di cinquanta componimenti che racchiude l’essenza della nostra terra, forte, amara e immutabile come annunciato nella quartina iniziale che dà il titolo alla raccolta: “cu l’antimafia sempri sull’attenti a lupara cuntinua pammi spara, nta sta terra undi non cangia nenti nu masticamu sempri, jjanda mara”.
Una raccolta pregevole, “una grande forgia dove i suoi versi, arsi da trepidazione civile e malinconia virile, prendono l’ardore del fuoco” come scrive Pasquino Crupi nella quarta di copertina, con uno sguardo intriso di solarità e di semplicità come può essere quello del “fanciullino di pascoliana memoria che gli trasmette il coraggio di dire in versi ciò che pensa rompendo gli argini delle convenzioni letterarie” aggiunge Rosa Marrapodi nella presentazione.
Questo suo sentire, carico di rigore morale ed onestà, figlio di una terra incontaminata, di antiche tradizioni, Lucisano lo trasfonde nelle proprie poesie che non seguono rigorosamente la metrica ma compiono una precisa scelta etimologica: il vernacolo, l’unico idoneo a sublimare i suoi versi, a scoprire il velo della realtà, senza remore, né paure, facendo riflettere ed anche sorridere.
Leggere, gustose e scevre da sterili orpelli appaiono le liriche su tematiche moderne come “Trans…formazioni”, “A statali”, “U spitali i Melitu”, passando per le nostalgiche “A locanda” e “Com’a na vota”. Ma dove la poesia di Lucisano tocca punte auliche, facendo emergere la tensione etica che lo porta a interrogarsi sul mondo, sono le odi a “L’amicizia”, “Nta sta Calabria”, e, ancora “Canni i lupara”, vincitrice del premio Nosside 2010. Una profonda umanità e un sentire comune si levano in tutta la loro pienezza nelle odi “A finestra”, metafora di un mondo che cambia, un tempo mostrante fiori di gelsomino e di ginestra ed oggi “nira, nira”, e “Madonna du Carmelu”, dove Lucisano invoca, infine, la fede, quale ultimo anelito di speranza, affinchè la finestra sul mondo possa ancora “spalancari u cori i ll’omini pa felicità”.
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