Incontro con il famoso Avvocato calabrese Nino Marazzita, il re dei penalisti

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Cultura:  Calabresi Illustri, Nino Marazzita

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di VINCENZO PITARO

Da oltre un quarto di secolo, sia in Italia che all’estero, è uno dei maggiori protagonisti delle aule giudiziarie. L’avvocato penalista Nino Marazzita, calabrese (nato a Palmi, in provincia di Reggio Calabria), insomma, è quel che si dice un «principe del Foro» o, come qualcuno simpaticamente lo chiama «il re dei penalisti», il delitto Pasolini, l’uccisione di Aldo Moro, lo «scandalo Sisde», il ruolo di Francesco Pazienza nella tangentopoli milanese, sono solo alcuni dei suoi processi più celebri che oggi la storia ricorda. Una fama di penalista pluricollaudata che ha contribuito, nel tempo, a collocarlo ai vertici della «top-ten» del diritto internazionale.

Da giovane, tuttavia, Nino Marazzita non pensava affatto di dover intraprendere, un giorno, la carriera di avvocato, pur sapendo che i suoi tenevano molto affinché seguisse la tradizione di famiglia. Difatti, finito il liceo, fu solo per accontentare il padre (senatore socialista, peraltro titolare di un avviato studio legale in Palmi), che decise di iscriversi a Roma, alla facoltà di giurisprudenza. «Il vero motivo di quel trasferimento nella Capitale», racconta l’avv. Marazzita, «in realtà fu l’iscrizione al Centro Sperimentale di Cinematografìa, perché all’epoca il mio più vivo desiderio era quello di fare il regista. Lo ricordo come se fosse adesso: nel mio corso, c’erano molti giovani, tra i quali Bernardo Bertolucci e Marco Bellocchio, che in seguito si sarebbero affermati come grandi firme del cinema italiano».

Cosicché, dopo aver frequentato per un anno quel Centro, l’eredità paterna prevalse, e in seguito al «fortunato incontro» col noto penalista Giuseppe Sotgiu (che segnò per sempre la sua vita) capì quale sarebbe stata la strada da seguire. Fu così che abbandonò le ambizioni artistiche (giovanili) e cominciò a frequentare il tribunale. Nel 1975, poi – quando alcuni intellettuali romani lo interpellarono per rappresentare, in giudizio, la famiglia dello scrittore assassinato Pier Paolo Pasolini – cominciò la sua scalata verso il successo. «Fino ad allora» – dice – «ero soltanto un giovane avvocato pressoché sconosciuto».

– Da quel giorno, dunque, sono arrivati gli altri grandi processi che le hanno procurato un’ottima fama…

«Sì, immediatamente dopo la vicenda di Pier Paolo Pasolini difesi un giovane, pressoché un bambino, Marco Caruso, che per difendere la madre dalle angherie e dalle violenze del padre lo aveva ucciso con un colpo di pistola. Quella vicenda raggiunse un tale livello di popolarità, al punto che persino l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini se ne interessò. Fu un processo in cui l’opinione pubblica non si divise, come accade spesso, tra innocentisti e colpevolisti ma si schierò tutta dalla parte del giovane parricida, che poi venne assolto per aver commesso il fatto in stato di legittima difesa della madre».

– E del caso Moro, altro suo processo storico, cosa può dirci? Ce ne può brevemente parlare?

«Beh, del caso Moro dovremmo parlarne almeno per una settimana… Posso solo sintetizzarlo così: l’uccisione dello statista Aldo Moro rappresenta ancora uno dei grandi misteri italiani. Hanno pagato gli esecutori materiali e non tutti; i veri mandanti sono rimasti impuniti… e lo resteranno se nel nostro Paese non si capirà finalmente che per andare avanti bisogna scrivere correttamente la storia di questi ultimi trent’anni».

– Ce ne rendiamo conto, avvocato, il discorso andrebbe certamente per le lunghe. Passiamo ad altro, allora. Lei vive da tempo a Roma. Che rapporto ha, oggi, con la Calabria e con la sua Palmi?, città che ha dato i natali a tanti altri personaggi illustri della letteratura, del giornalismo, della musica, ecc.

«Il mio rapporto con la Calabria è un rapporto d’amore viscerale, senza limiti, irrazionale. Non tollero che la si critichi, che si parli male dei calabresi…».

– Ma quanto ha inciso l’essere calabrese nel suo successo?

«Essere calabresi è una identità morale prima che di cittadinanza. Nella mia vita c’è la tenacia, la forza di volontà, l’intolleranza al sopruso, che sono connotati tipici del “calabrese”. Questo ha contribuito al mio successo? Assolutamente sì».

– Perché?

«Perché il calabrese non teme l’insuccesso. Ci riprova fino allo spasimo a vincere e non si dà pace finché non ottiene quello che vuole… perché vuole quello che è giusto, perché crede in quello che è giusto».

– Lei cura anche gli interessi di molti personaggi dello spettacolo, da Isabella Rossellini a Roberto Benigni, da Anna Kanakis a Pamela Prati, tanto per citarne alcuni. Apriamo (simpaticamente) una parentesi, avvocato Marazzita. Negli ultimi tempi, la sua notorietà ha varcato la soglia dei palazzi di giustizia, assumendo una sfumatura “rosa”. Qualcuno ha scritto che, dietro l’aspetto severo di uomo di legge, lei nasconde anche una personalità di “latin lover”. Tolta la toga, da buon calabrese, che fa? Ama indossare gli abiti del don Giovanni…?

«Ah, la mia vita cosiddetta “rosa”! Non sono un don Giovanni o un “latin lover”. Certo, amo le belle donne; le quali capiscono subito quando sono amate e desiderate e questo… facilita un po’ le cose».

– Ma che cosa hanno detto i colleghi in merito alla sua affettuosa amicizia con la show-girl Carmen Di Pietro, vedova di Sandro Paternostro?

«Già, la mia relazione con Carmen Di Pietro, credevo che voi giornalisti ve ne foste dimenticati. Sicuramente, alcuni avvocati e magistrati, mi hanno criticato; ma per invidia s’intende!».

– Lungi dal voler essere indiscreti, avvocato. Lei, attualmente, è un single. Qualcuno dice che sa districarsi molto bene anche tra i fornelli. È cosi? Può suggerire ai nostri lettori qualche ricetta calabrese?

«So cucinare alla perfezione la “parmigiana alla calabrese”. Per imparare a farla, mi è costata tonnellate di melanzane che hanno fatto da cavie. Per cui, sinceramente, non me la sento di svelarne i segreti».

– Il successo, nell’attività forense, le ha già regalato tante belle soddisfazioni. Ma è vero che il suo “sogno nel cassetto”, ancora oggi è quello di poter dirigere una pellicola come regista?

«Devo ammetterlo: fare un film come regista è il mio grande e forze irrealizzabile sogno…».

– Non si può mai dire. Ma che tipo di film, comunque, le piacerebbe realizzare?

«Che film vorrei realizzare? Un film che parla d’amore senza luoghi comuni, lepidezze e approssimazioni. Insomma, un film tra “Ultimo tango a Parigi” di Bertolucci e “Luna di fiele” di Roman Polanski».

– Lo dice con l’entusiasmo di un ventenne. Avvocato, qual è il suo Segreto? Ce lo può svelare? Come fa a mantenersi cosi giovane dentro?

«Certo che lo dico con l’entusiasmo di un ventenne! Perché sono un ventenne! Il segreto? Anche e soprattutto questa è una ricetta che non si può svelare».

– Non ha mai pensato di fare qualcosa sulla Calabria? Di descrivere la Palmi che conserva nei ricordi della fanciullezza, ad esempio?

«Tante volte ho pensato di scrivere sulla Calabria e lo farò perché è il mio sogno di quando sarò… grande».

– Bene, per concludere. Avvocato Marazzita, da buon calabrese, cosa si sentirebbe di dire, oggi, ai nostri corregionali rimasti in loco, ma soprattutto a quelli che sono sparsi in Italia e nel mondo?

«Una cosa vorrei dire, in modo particolare, ai calabresi sparsi in Italia e nel mondo: perché non ritorniamo tutti in Calabria per contribuire a renderla più forte?».

– Sarebbe davvero una grande cosa, avvocato, se molti “cervelli” tornassero in questa Terra bellissima. Un suo illustre concittadino, Leonida Rèpaci, scrisse che «Quando fu il giorno della Calabria, Dio si ritrovò in pungo 15 mila kmq di argilla verde con riflessi viola. Si mise all’opera, e la Calabria uscì dalle sue mani più bella della Califomia e delle Hawaii, più bella della Costa Azzurra e degli arcipelaghi giapponesi».

«Leonida Rèpaci, al quale sono stato legato da grande affetto e parentela, nelle pagine di “Calabria grande e amara”, descrive la nostra regione con tutta la sua irresistibile magia. Bisognerebbe mandare queste righe a tutti i politici calabresi per ricordare loro che hanno in mano un gioiello, che ha il solo problema di essere incastonato nel migliore e più giusto dei modi».

Vincenzo Pitaro

Sull’avvocato Nino Marazzita, il giornalista Vincenzo Pitaro, di Gagliato, ha pubblicato vari articoli sulle pagine culturali di quotidiani e riviste: da «Gazzetta del Sud» a «Tribuna Stampa», da «Parallelo 38» a «Calabria Letteraria», ecc. A beneficio degli studiosi che intendessero effettuare eventuali ricerche sul personaggio calabrese presso le emeroteche o le biblioteche, ne facciamo qui menzione di alcuni:

1) Vincenzo Pitaro: «Marazzita, principe del foro, regista mancato e rinomato latin lover», Gazzetta del Sud, Cultura, paginatré, di mercoledì 22 Agosto 2001

2) Vincenzo Pitaro: «Incontro con il famoso penalista Nino Marazzita – La Calabria ha bisogno dei figli migliori», Gazzetta del Sud, pag. Cultura, Domenica 9 Settembre 2007

Altri particolari, negli archivi di: www.gazzettadelsud.it o nel website del giornalista, www.vincenzopitaro.it

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