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di Marina Crisafi (Pubblicato su Calabria Ora)
Passatempo antichissimo, praticato in molti paesi e amato soprattutto dai più piccoli, era quello dei “quattro cantoni”. Per giocare era necessario essere almeno in cinque e si doveva stare in uno spazio aperto, una piazza, un giardino, oppure in una palestra, perché il campo di gioco doveva essere grande almeno quanto una stanza e di forma su per giù quadrata. Una volta trovato il luogo idoneo, si procedeva a delimitare il terreno di gioco, tracciando una sorta di quadrato, rendendone visibili i quattro angoli con dei segni tracciati direttamente sul terreno, tramite un gessetto. In mancanza, i bambini non si perdevano certo d’animo, usando per delimitare gli angoli qualsiasi oggetto a disposizione: dalle semplici pietre, alle cartelle della scuola, alle giacche.
Soddisfatte queste prime regole, si poteva iniziare a giocare, stabilendo, ovviamente, tramite la consueta conta, il “tocco”, chi avrebbe iniziato per primo.
Chi veniva sorteggiato, doveva stare “sotto”, posizionandosi in mezzo al campo da gioco, mentre i bambini rimasti si disponevano ai quattro angoli dell’immaginario quadrato. Si cominciava, quindi, a cantare una filastrocca e al segnale convenuto, che avveniva sempre cercando di cogliere di sorpresa il giocatore che stava in mezzo, veniva dato il “via”.
I giocatori agli angoli del quadrato, quindi, cercavano di scambiarsi di posto molto velocemente, mentre il bambino al centro, a sua volta, doveva cercare di essere più svelto degli altri, occupando una delle posizioni lasciate momentaneamente vuote, prima che uno dei quattro giocatori riuscisse a raggiungerle, conquistando così il suo “cantone”.
Se non ci riusciva doveva riposizionarsi di nuovo al centro. Se, invece, otteneva il suo cantone, il giocatore rimasto escluso doveva prendere il suo posto in mezzo al campo di gioco. E il gioco ricominciava alla stessa maniera. Il gioco tradizionale, poi, era soggetto a tante possibili varianti.
Spesso, infatti, i giocatori erano molti, allora, per accontentare tutti, si procedeva a stabilire dei “turni”, oppure si decideva di aumentare il numero dei cantoni, e, conseguentemente, il numero dei bambini che stavano “sotto”.
Lo scopo rimaneva sempre lo stesso: chi era senza cantone doveva conquistarne almeno uno. Tutto dipendeva dalla fantasia e dalla voglia di giocare insieme e divertirsi. Che, fortunatamente, non mancava mai.
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