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Recensione di Marina Crisafi pubblicata su Calabria Ora
Non c’è, forse, oggi, fenomeno più attuale e contraddittorio di quello migratorio. Interpretato come problematica contingente anziché come stabile risorsa suscita nel nostro paese dibattiti, polemiche e misure senza soluzione di continuità destinate alla regolamentazione dell’immigrazione straniera, dimenticando, spesso, che prima di essere un paese di accoglienza l’Italia è sempre stata un paese esportatore di migranti.
Giovanni Frijo, nel libro “I primi veri cittadini europei”, edito da Laruffa, narra dell’emigrazione italiana, in particolare di quella calabrese in Germania dal dopoguerra in poi, analizzando problematiche, cause ed effetti del fenomeno fino ad arrivare alle questioni odierne. Un libro che è insieme saggio e romanzo, motivato “dal bisogno che ogni uomo sente, di far conoscere se stesso e le proprie radici”.
Un libro sofferto che, pur contenendo l’esperienza di vita dell’autore, emigrato dalla sua Cutro alla fine degli anni ’60 per andare ad arricchire le fila della comunità calabrese in Germania ed emergendo grazie all’impegno sindacale e politico, non vuole essere autobiografico, ma una “testimonianza” della “memoria storica di un popolo”, quello dei “cittadini globali” che diventano parte integrante della vita economica dei paesi ospitanti e di quelli di origine, dei “primi veri cittadini europei”, appunto.
Frijo parte dall’illusione di riscatto della terra e del lavoro, dalle radici profonde delle differenze economiche tra Nord e Sud, per analizzare l’emigrazione forzata e lo spopolamento delle terre, le storie di vita, le speranze, le delusioni dei singoli emigrati, l’integrazione, l’associazionismo, gli eventi vissuti in prima persona, giungendo, infine, alle riflessioni sul fenomeno migratorio interno, toccando, inevitabilmente, la “questione meridionale” ed auspicando una carta dell’integrazione per gli oltre 200 milioni di cittadini in movimento del mondo, perché “ci si può integrare senza per questo dover rinunciare alla propria identità, si possono aggiungere altre radici alle radici d’origine”.
“I primi veri cittadini europei” può essere letto come un invito, un monito, una critica “costruttiva e propositiva” a considerare il fenomeno migratorio come una ricchezza basata sulla diversità, un’opportunità e, al contempo, una soluzione ideale per il riequilibrio economico ed il rilancio del Sud e dell’Italia intera.
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