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Nasce a Recanati il 29 Giugno 1798. E’ il primo figlio del Conte Monaldo e della Marchesa Adelaide Antici.
Già a dieci anni Giacomo è in grado di scrivere composizioni in Latino, in Italiano nonché brevi trattazioni filosofiche. Dal 1809 al 1816 Giacomo trascorse il cosiddetto periodo dell’erudizione (“Sette anni di studio matto e disperatissimo…”) nella biblioteca paterna. Intorno al 1816 si colloca la conversione letteraria di Leopardi: all’amore per l’erudizione si sostituisce una più accesa consapevolezza dei valori artistici (passaggio dall’erudizione al bello). L’incontro con Giordani in seguito favorì la rottura con le posizioni cattoliche e reazionarie della famiglia. Allo Zibaldone affida un gran numero di riflessioni che segnano la sua conversione filosofica e cioè l’adesione a una visione materialistica e atea caratterizzata da un esasperato pessimismo.
Dopo l’ultimo soggiorno a Recanati (1828-30) la produzione letteraria di Leopardi si svolge da Firenze a Napoli. In questo periodo esce la prima edizione dei “Canti” (1831) e alcune canzoni che segnano il “ ciclo di Aspasia”. A Napoli compone gli ultimi due canti (“Il tramonto della luna” e “La Ginestra”), e nel 14 Giugno 1837 si aggrava e muore mentre a Napoli infuriava il colera.
La concezione filosofica: Natura madre-matrigna
L’essenza del pensiero Leopardiano si può inquadrare nel periodo che va dalla conversione letteraria a quella filosofica: periodo, questo, che segna una vera e propria evoluzione, seppur difficile e travagliata, della personalità del poeta.
Caratteristica fondamentale di Leopardi è la sua concezione pessimistica della vita e della società. Tale pessimismo segue un filone evolutivo che si può riassumere in tre fasi:
Pessimismo storico: antitesi natura-ragione: Leopardi si rende conto della condizione umana e della sua infelicità. Egli attribuisce tale disagio all’antitesi tra natura e ragione: la natura è considerata come un entità positiva e benefica perché fornisce all’uomo le illusioni per poter raggiungere la felicità. La causa del disagio esistenziale non sta, quindi, nella natura, ma sta nella ragione umana la quale distrugge le illusioni e le demistifica, smascherando in tal modo “l’arido vero” della condizione terrena.
Pessimismo cosmico: antitesi natura-uomo: A partire dal 1823, con lo “Zibaldone” e quindi con la conversione filosofica, Leopardi stravolge drasticamente la sua visione della natura. Con il crollo delle illusioni viene pian piano affermandosi una concezione sempre più materialistica ed atea, caratterizzata da un forte sensismo di stampo illuministico. Nasce così la teoria del piacere: l’uomo, mai appagato dalle cose terrene, va alla ricerca di una felicità e di un piacere ultraterreni. Tale condizione non può essere raggiunta: è da qui che nasce l’infelicità umana la quale è indicata nel rapporto tra il bisogno dell’individuo e le possibilità di soddisfacimento oggettivo. Queste riflessioni comportano una ridefinizione del concetto di natura: ora la responsabilità dell’infelicità umana è fatta ricadere per intero sulla natura “matrigna”, che determina la tendenza umana al piacere e infonde negli uomini l’amor proprio e il bisogno di felicità; senza poter poi in alcun modo soddisfare tale bisogno; e anzi facendo della vita umana un insieme di delusioni, di sofferenze e di noia, con l’unico scopo di procedere verso la morte (“Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”).
Pessimismo eroico o titanismo: Questa è la terza fase, iniziata nel 1830, con il definitivo abbandono di Recanati. Il poeta non cerca più conforto neppure nella memoria e assume un impegno morale, un atteggiamento titanico, un invito alla solidarietà tra gli uomini verso la comune “inimica”: la natura (Cfr. “La Ginestra” ).
La poetica:
Il Leopardi, attraverso un lento processo di maturazione letteraria e artistica, giunse a formulare una originale poetica romantica, assai diversa e contrastante con quella della scuola romantica dell’ alta Italia. Egli rifiutò i contenuti storici, le esigenze di popolarità, gli intenti patriottici, la fede in una missione morale ed educativa dell’arte: è una poesia dell’interiorità che si limita al dolore, alla tristezza, al pessimismo; e non canta la patria, la storia, gli affetti, salvo poche eccezioni. Leopardi divenne pertanto il maggior esponente della tendenza lirico-soggettiva del romanticismo italiano, opposta a quella oggettiva, realistica, narrativa rappresentata dal Manzoni. Leopardi tuttavia non rimane indifferente alla sua formazione neoclassica: egli, nonostante fosse contro ogni genere di imitazione, si ispirò alla grande tradizione poetica e letteraria di Petrarca e Tasso, riprendendone il lessico armonico e raffinato nonché una grande misura ed equilibrio nella composizione.
Più tardi, con la sua maturazione filosofica, egli fa la sua distinzione romantica tra poesia di immaginazione (propria degli antichi) e poesia di sentimento (propria dei moderni). Vera poesia è soltanto quella ingenua, spontanea, fantastica del mondo fanciullo (la poesia primitiva Omerica e classica). All’uomo moderno, nutrito di cultura, l’unica forma di poesia possibile è quella del sentimento (o patetica), con cui egli si addentra nell’intimo della propria coscienza e analizza la sua condizione di fronte alla natura e alla società.
La poesia come canto:
La poesia è espressione di stati d’animo indeterminati, vaghi, misteriosi: propri della poesia sono il senso dell’infinito e il ricordo. Il linguaggio deve essere dolce e musicale, decisamente antiprosastico. La poesia si risolve in rimembranza di impressioni infantili, nella rievocazione di un tempo ormai lontano e inafferrabile. Poiché l’indefinito si esprime soprattutto attraverso la musica, la poesia deve allontanarsi dalla rappresentazione e avvicinarsi alla melodia.
La funzione della poesia: il recupero della ragione.
La poetica leopardiana giunge alla sua più matura espressione solo dopo il 1828 quando riconoscerà nella lirica la più alta forma di espressione poetica: la lirica è, per Leopardi, canto di affetti spontanei, sfogo del cuore senza alcuna intromissione di elementi intellettualistici e culturali. La funzione della poesia consiste quindi nel recupero dei valori della natura come risposta ai “non valori” della società attuale, venendo ad assumere un ruolo oggettivamente liberatorio, contestativo e agonistico (“ titanico”) della civiltà razionale e scientifica creata dal progresso. Non tanto, dunque, sentimento contro ragione: ma piuttosto sentimento o poesia che sorge dalla ragione. Non è la poesia del sentimento che ha superato la ragione, ma è il canto della ragione stessa fatta sentimento.
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