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Invitato, non mi sono sottratto all’iniziativa di presentazione del libro di Saverio Zuccalà, Laruffa Editore, dal titolo “San Lorenzo sull’Aspromonte e l’Unità d’Italia”, e confesso d’essere veramente contento di non averlo fatto, perché è stata una vera occasione per venire a conoscenza di episodi che esaltano il ruolo di una comunità che ha aiutato l’impresa garibaldina, oggetto di ricerche da parte di studiosi, appassionati meridionali e testimoni diretti, ma che la storiografia ufficiale continua a relegare nel dimenticatoio.
Gli episodi più significativi riguardano lo sbarco in Calabria delle truppe garibaldine e il ruolo positivo, per detto sbarco, giocato da Bruno Rossi, Sindaco di San Lorenzo, e dai suoi concittadini. Certo non c’è mai la controprova della ineluttabilità degli avvenimenti storici ma tutto fa pensare che senza l’apporto dei patrioti laurentini la storia poteva seguire altri e più difficili percorsi.
Ma andiamo con ordine. Il primo tentativo di sbarco sulle coste calabre fu tentato il 9 agosto del 1860, proprio nei pressi del luogo dove sorgerà il Ponte di Messina, e precisamente sotto il Forte di Altafiumara, formidabile bastione borbonico eretto per controllare l’area dello Stretto. Lo sbarco fallì per la forte e inaspettata accoglienza dei soldati di Francesco II e il grosso delle camicie rosse dovette ripiegare verso Messina. Sulla costa reggina rimasero 200 garibaldini che, per salvarsi dal fuoco nemico, dovettero risalire le pendici dell’Aspromonte e nascondersi nei boschi.
Isolati e braccati da 1500 soldati borbonici, essi vissero momenti di grande sconforto, pur se ad essi si erano aggregati 200 volontari reggini. Non c’è alcun dubbio che la situazione stava precipitando quando giunse nel loro accampamento il liberale Bruno Rossi che propose di ospitarli nel proprio paese che dominava la parte meridionale dello Stretto nella zona Jonica proprio di fronte a Taormina. L’offerta di Rossi fu accolta con giubilo, anche per la mancanza di cibo causato dal blocco dei rifornimenti determinato dalle milizie borboniche, e con giubilo furono accolti dalla popolazione di San Lorenzo.
Ciò segnò una vera e propria svolta non solo per gli sbandati braccati e nascosti in Aspromonte, ma soprattutto per il successo dell’intera impresa garibaldina. Il dado era ormai tratto e non bisognava avere alcun tentennamento stante il rischio che si ripetesse la feroce repressione borbonica della rivoluzione del 1847, il cui emblema, nei ricordi delle popolazioni, era la testa mozzata del patriota Domenico Romeo fatta girare in alcuni paesi e poi esposta per tre giorni, conficcata in un piccone, nel Castello Aragonese di Reggio. Il Sindaco Rossi capì che la determinazione era l’arma più efficace per evitare defezioni: tagliò, quindi, totalmente i ponti con i Borboni facendo votare al Consiglio Comunale di San Lorenzo un documento con il quale si “proclamava la decadenza del Regno di Francesco II di Borbone e si dava adesione alla Dittatura di Garibaldi”.
In concomitanza veniva inviato un corriere a Messina per prospettare la situazione e proporre al generale Garibaldi lo sbarco sulla costa jonica tra San Lorenzo e Melito Porto Salvo. Lo si informava che ai 200 garibaldini, rifugiatisi in Aspromonte e poi ospitati a San Lorenzo, si erano uniti 200 volontari di Reggio e un centinaio di altri cittadini mobilitati dal Sindaco e dal prete Giuseppe Pannuti del Comune di Bagaladi. Ciò, se da una parte tranquillizzò Garibaldi che capì che il suo esercito si stava ingrossando e che gli faceva comodo avere sulla sponda calabrese un avamposto così importante, dall’altra gli fece accelerare lo sbarco per evitare la certissima rappresaglia borbonica nei confronti dei coraggiosi laurentini.
Ma la resistenza borbonica fu tenace soprattutto in mare dove venne affondata la nave ‘Torino’ dal fuoco delle navi borboniche ‘Fulminante’ e L’Aquila’. Ma lo sbarco, nella notte tra il 18 e 19 agosto 1860, si realizzò e con esso si contribuì all’avanzata verso il cuore del Regno delle due Sicilie. La preoccupazione che, negli intendimenti di Garibaldi, si volesse andare oltre, e cioè verso lo Stato Pontificio, spinse molti preti a osteggiare lo sbarco delle camicie rosse. A Melito, infatti, l’accoglienza riservata a Garibaldi non era stata calorosa, ma tutt’altro, e senza l’arrivo, avvenuto il 20 agosto, dei garibaldini di San Lorenzo e delle forze aggregate c’era il rischio che si ripetesse una nuova Sapri.
Dato che la storia la scrivono i vincitori, la storiografia ufficiale ha da subito ignorato l’episodio vuoi perché si doveva presentare l’avanzata garibaldina come un trionfo senza alcun intoppo (e si capisce anche il silenzio sul fallito primo tentativo di sbarco), ma soprattutto perché si voleva ‘oscurare’ il ruolo del Sindaco Rossi reo d’aver fatto approvare un documento che dichiarava certamente la decadenza del Regno dei Borboni ma col quale ci si sottometteva non ai Savoia ma alla dittatura del Generale Garibaldi.
Quando Rossi, nel 1899, dinanzi al silenzio, che durava ormai da circa 40 anni, sul contributo di San Lorenzo all’Unità d’Italia, chiese che detto contributo venisse recuperato alla memoria storica gli si rispose che la richiesta era giunta in ritardo essendo i volumi ormai stampati, ma che si sarebbe provveduto nella ristampa. Da allora sono passati altri 110 anni ma gli avvenimenti che hanno contribuito al disegno unitario vengono ancor oggi disconosciuti.
Con le celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia questa lacuna deve essere rimossa. Non ci sono più i Savoia, non c’è più il Regno di Sardegna, c’è un’Italia unita, anche se le disuguaglianze sono ancora moltissime, e ogni avvenimento che ha contribuito a costruire l’Italia deve avere il suo spazio nella memoria degli italiani. Lo merita Bruno Rossi, lo meritano i volontari messisi a disposizione di un sogno, lo merita San Lorenzo, piccolo ma coraggioso paesino sulle pendici dell’Aspromonte, lo merita la Calabria che non può essere rappresentata nel Pantheon della nuova Italia dal sacrificio dei veneziani fratelli Bandiera.
E’ ora di riconoscere al Comune di San Lorenzo la medaglia d’oro.
Giovanni ALVARO
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La Calabria assieme alla Sicilia è la regione che più ha sofferto per il regime tirannico dei Borbone – Non solo la repressione e’ stata durissima ma anche lo stato di abbandono e’ stato volutamente totale. Niente strade , strade , niente scuole , niente porti , una biblioteca e decine di bande di briganti. Le famose Ferriere della Mongiana avevano condizioni di lavoro inimmaginabili
Va bene ricordare i fatti storici, ma non elogiamoci nell’avere aiutato un’impresa garibaldina che ha lasciato dietro se morti, tutti meridionali, e lasciandoci soli a fare da colonia interna di un nord che produce e ci costringe a comprare nord. W il regno delle due sicilie e abbasso l’Italia che è solo uno stato creato apposta per rendere noi sudditi. Riprendiamoci la nostra indipendenza.E compriamo solo prodotti del sud, facciamolo per noi!