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Di Francesco Salerno
Alexis fissò un’ultima volta il passo dinnanzi a sé. Alte pareti di solida roccia si stagliavano alla sua destra, mentre a sinistra lo splendore dello Jonio brillava sotto il sole del primo pomeriggio. Tra roccia e mare, uno stretto passaggio di circa 200 metri. Sarebbe stato lì, in quel fazzoletto di terra, che avrebbero tenuto testa agli opliti nemici.
Per oltre un mese, Locri Epizefiri, la sua patria, si era preparata a quello scontro inevitabile. Nessuno all’interno della polis aveva ritenuto di poter accettare di sottomettersi alla vicina Kroton, la più potente delle città della Magna Grecia. Loro, i locresi, avrebbero difeso la loro libertà sino all’ultimo uomo.
Alla notizia dell’imminente scontro, Rhegium, Hipponion e Midma avevano inviato aiuti militari, ammassando oltre 4000 guerrieri a difesa della città. Uniti ai locresi stessi, l’esercito su cui poteva contare Alexis era di oltre 13.000 unità. Meno di un quinto di quanto disponesse Kroton…
Quel vasto esercito invasore era adesso schierato proprio dinnanzi al passo. Pronto, ad un ordine del suo comandante, a scagliarsi contro quegli stolti che avevano osato sfidarli. Le fulgide armature di bronzo dei crotonesi brillavano sotto il sole. I loro scudi, gli oplon, formavano una muraglia impenetrabile, mentre le lance appuntite promettevano morte e distruzione a chiunque avesse osato contrastarle.
<<Che i Dioscuri ci aiutino…>> sussurrò Alexis al vento, prima di essere raggiunto dal suo comandante in seconda.
La battaglia della Sagra.
Bassorilievo di Francesco Marrapodi
<<Alexis, gli opliti sono pronti e il loro animo brama la battaglia!>>
<<Grazie Cosmas. Che ne è del vino ‘’sacro’’? Lo avete già distribuito?>>
Quella del vino era stata una faccenda complicata. Prima della battaglia, infatti, gli anziani della città avevano chiesto aiuto ai Dioscuri, Castore e Polluce, figli di Zeus. Le due divinità, parlando tramite un oracolo, avevano profetizzato una grande vittoria, a patto che i locresi avessero bevuto, prima dello scontro, un particolare vino sacro prodotto a pochi chilometri da Locri stessa. In pochi giorni era stato confiscato tutto quello che si era riuscito a trovare. E infine ogni guerriero ne aveva avuta una tazza da argilla piena. Per Alexis non significava molto quel responso, ma dato che dovevano affrontare un nemico di molto superiore, tanto valeva tener su il morale delle truppe.
<<Si, mio comandante. Ecco, questo l’ho portato per te!>> Cosmas tirò fuori una piccola vescica di pelle e la passò al suo comandante.
Alexis avrebbe fatto a meno di quel sorso di vino, lo stomaco gli doleva per l’ansia. Ma non aveva intenzione di rifiutare di bere. Avrebbe compromesso il morale dei guerrieri. Chiuse così gli occhi e mandò già il vino dolciastro.
<<Alexis guarda!>> quasi urlò all’improvviso Cosmas, indicando lo schieramento nemico.
L’enorme massa di guerrieri crotonesi si stava muovendo verso di loro a passo di marcia. L’aria, immobile fino a poco prima, si era riempita del suono dei calzari sul terreno, uniti alle trombe da guerra nemiche.
<<Raduna la prima linea di difesa! Corri!>> urlò Alexis al suo subalterno.
Con serafica calma, il comandante locrese indossò infine l’elmo nero con crine di cavallo. La battaglia per la sua patria era appena iniziata, e lui avrebbe dovuto condurre il suo popolo alla vittoria.
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