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RICORDI di BOSNIA. Una missione di Pace.
Una Missione di Pace può risultare, lunga, difficile, pericolosa alla stessa stregua di una Missione Operativa. Le Forze di Pace vanno ad attestare la loro posizione non più tra milizie nemiche opposte; ma tra gruppi civili di opposta etnia. Alle Forze di Pace e secondo le direttive decise dal Mandato ONU, è richiesto il massimo impegno, anche estremo, al fine di non causare ulteriori danni alle popolazioni locali già stremate da una spaventosa aberrazione strettamente legata ai conflitti. Le macerie fumanti nascondono pericoli inenarrabili..
Intercedere a favore del Tempo trascorso in Bosnia, mi è difficile; m’è difficile dentro…
Il mio personale auspicio è questo:
” Che in tutti possa essere rinvigorito il senso ed il sapore della Pace. Ora più che mai…”
AEROPORTO di SARAJEVO. Lo sbarco.
Erano gli ultimi giorni d’Agosto. Ricordo perfettamente, come in questo istante, il giorno in cui il portellone dell’Antonov si abbasso’ e sbarcammo a Sarajevo. Non posso mai dimenticare le squadre di sminatori impegnate all’interno del sedime aeroportuale. Erano a meno di 40 metri dall’aereo. Tutto avveniva nei pressi della strada principale che lambisce il confine tra la Repubblica Srpska e la Federazione di Bosnia e che porta al Centro di Sarajevo. Dall’altro lato della strada, il quartiere di Dobrinja. In effetti, alla mia destra, lo sguardo, non smetteva di delineare nella mente, l’aberrazione delle trappole minate e a sinistra gli effetti delle granate sulle abitazioni.
Gli sminatori dell’ONU, lavoravano nei loro ristrettissimi perimetri di terra delimitati dalle strisce bianche e rosse con la scritta : *Mines*. La Bosnia, una terra meravigliosa; balcanica. Una terra falcidiata da una tragedia IMMANE. NON SMETTO MAI di pensare alla Bosnia. Non smetto mai di pensare che l’Uomo non riesca ad allontanarsi per sempre dall’inconscio della sua Aberrazione. La guerra è distruzione aberrante. In TUTTO questo, ricordo distintamente la Drina, il fiume che scorre da Visegrad verso Gorazde : colore turchese. Bisogna essere lì per vedere il colore turchese della Drina. Ancora oggi, leggo “Il Ponte sulla Drina” di Ivo Andric, Premio Nobel per la letteratura. Ecco, l’Uomo può tutto: ergersi sull’apice della Virtu’. Sprofondare nell’Abisso della Guerra. Allora mi chiedo: cosa vuole veramente l’Uomo?…
La porta dell’est. Sarajevo, con le sue storiche vicissitudini di città conquistata, non ha mai smesso di ricordare al Mondo il passaggio di eventi bellicosi estremi. La sua stessa capacità di sopravvivere e rinascere continuamente, e simboleggiare il passaggio di culture diverse, l’hanno plasmata con sacrifici inenarrabili. Sarajevo vive, tra i suoi quartieri della società post Comunista ed il retaggio islamico, eredità della Storia Balcanica. Affascinante al Cuore dell’Uomo che la sa Amare… Chi è passato di qui, lungo la Miljacka( il piccolo fiume che attraversa la città), non può che contemplare i palazzi moderni di Alipasino Polje; quelli storici in stile europeo che culminano, ma non solo, nel quartiere musulmano di Bascarsija (Basciarscia) con i tetti bassi di legno e le viuzze dei gioiellieri che vendono Srebro e Zlato ( argento ed oro); i negozi di tappeti orientali, i Prostirke ( tepisi nella lingua croata), abbigliamento e prelibatezze culinarie.
Nelle famose viuzze nebbiose dal fumo tipico delle Cevabdzinica, rosticcerie locali dove si cucinano i famosi e squisiti salsicciotti Cevapcici (ovviamente non di maiale) serviti con il Kajmak, un formaggio cremoso, quasi uno jogurt leggermente acidulo; e la Pita, ovvero il Burek, la torta salata riempita di carne ma anche di verdure. Se si alza lo sguardo, non si può non intravedere la meravigliosa Biblioteca Nazionale. Dista due passi dalla Piazza Antica di Bascarsija e si affaccia proprio sul fiume Miljacka dove sulla sponda opposta si erige la meravigliosa Moschea dell’Imperatore. Prima della Guerra, la Biblioteca, conteneva 2 milioni di documenti antichissimi. Ecco, si è al Centro della Storia. Uscendo dalla Piazza, il Monte Trebevic è testimone del passaggio attraverso il Tempo, in questa Terra dal fascino inesauribile. Amare Sarajevo è Amare il Mondo: i suoi circoli culturali, gli intellettuali, gli Artisti che hanno in tutti i modi cercato di salvare, con una sola voce il retaggio di comunità differenti …
BOSNIA. SARAJEVO. Una missione di Pace.
Bosnia. Sarajevo. Periodo tardo primaverile. Verso mezzogiorno. Mi trovo nel mezzo di una montagna di lavoro. Traduzioni, incontri, riunioni e poi di nuovo traduzioni. Mi fermo un attimo per fumarmi una sigaretta. Mi affaccio alla finestra; contemplo il Monte Igman. Mi chiedo come potrebbe apparire la valle, quiggiu’ da lassù. Immagino gli aerei delle Nazioni Unite che decollano e atterrano per portare aiuti umanitari. Alcuni al decollo vengono colpiti da colpi di mitragliatrice. Il Ponte umanitario continua, comunque. Immagino questo Tempo di Guerra, così vicino all’Italia, così lontano da tutto e da tutti…Cerco d’immaginare TUTTO questo: sotto il sole a 40 gradi d’estate; d’inverno a meno 30; e tutta la Vita e la Morte all’interno di questo Tempo, di Guerra. Così, mi fumo questa sigaretta…Lo sguardo incontra una manciata di ragazzini che giocano a pallone proprio sulla zona perimetrale del Comando Internazionale. Un accenno di transizione alla vita normale.
Poi diversi di loro scompaiono sotto il limite visivo del gioco. Il pallone è caduto nel fiumiciattolo che scorre in prossimità del quartiere di Hadzici proprio sotto il Monte Igman. Sopraggiungono gli altri ragazzini, guardano giù….Poi alcuni risalgono dal fiumiciattolo e di corsa vanno verso una delle torrette di guardia poste sul perimetro della base. Strillano, indirizzando i loro richiami ed il loro sbracciarsi al personale di guardia. IMMEDIATAMENTE viene dato l’allarme. Il pallone aveva fermato la sua corsa in discesa proprio accanto ad una mina. In pochissimo tempo è sopraggiunta, con numerosi veicoli speciali, la squadra di sminatori. Prendendo tutte le misure di sicurezza necessarie e dopo aver allontanato tutti dall’area delimitata, gli artificieri l’hanno fatta brillare. Un miracolo. Dopo la Guerra, il momento più terrificante, per la popolazione, per i militari impiegati nella missione di pace, come per i ragazzi che tornavano a giocare i loro giochi di ragazzi, era il periodo primaverile, tardo primaverile quando il primo calore iniziava a sciogliere la neve che inevitabilmente smuoveva il terreno. Era il momento, terrificante! del trovarsi nel mezzo d’un campo minato non identificato e non portato a conoscenza da ambo le ex parti belligeranti…Si è calcolato che ci sarebbero voluti 30 anni per bonificare interamente la Bosnia. Di fatto, la Guerra continuava…
SARAJEVO. Il Manto. Uscendo dalla palazzina-alloggi, la mattina presto, prima che il personale avrebbe raggiunto, di lì a poco, gli uffici del Comando Internazionale, ho camminato – per primo – sul Manto di neve: fresco, compatto, scricchiolante, non ancora calpestato. Era caduta durante i giorni e le notti precedenti. Una sensazione di Pace. Uniche impronte misteriose rilevate, quelle delle lepri bosniache presenti in gran numero sul territorio. Alcune riuscivano a salire sopra gli shelter (ricoveri per i caccia dell’Aeronautica della Ex Jugoslavia); si stagliavano contro il cielo azzurro, terso, di queste primissime ore di luce. Alla mia destra il Monte Igman. Alla mia Sinistra trasversale, il Monte Trebevic e la vallata sottostante in cui è incastonata Sarajevo. La sera prima, una nebbia talmente fitta da non poter discernere nulla. Di fatto, la sera, per rientrare presso gli alloggi, avevamo acquisito un orientamento “istintivo”. Tutt’intorno, l’odore stagnante del kerosene per i riscaldamenti. La Luce gialla dei lampioni contribuiva ulteriormente a “depistarci” al rientro. Eravamo dentro un altro Mondo. Durante il fine settimana, quando a turno ci dividevamo la mezza giornata libera, chiamavamo il nostro Amico con il taxi.
Raramente abbiamo preso i mezzi a disposizione. Questo ha contribuito e tanto! ad ambientarci e a rapportarci con il quotidiano, all’esterno del Comando. Allora, quando il nostro Amico arrivava, esperto della guida “virtuale” attraverso quella nebbia , gentilmente gli chiedevamo: ” Isvinite, moje Skenderjia pa’ Vracu? Hvala Brat! ” ( Scusateci, è possibile portarci a Skenderjia – Quartiere di Sarajevo- passando da Vraca (confinante con Grbavica e Hrasno) Grazie Fratello! Ciò comportava di prendere la scorciatoia passando dal lato collinare di Sarajevo che culmina sul Monte Trebevic. Allora, arrivati in cima e poi ridiscendendo verso il centro della città si passava in mezzo alle abitazioni con i tetti spioventi per impedire che la neve si ergesse IMMENSA sino a ricoprirle. Attraverso i grandi finestroni tipici dei saloni bosniaci s’intravedevano le luci calde, all’interno. Quando si giungeva al culmine delle colline di Sarajevo ci fermavano un attimo. Non potevamo non fermarci e guardare Sarajevo, innevata, dall’Alto. Una Bellezza STRUGGENTE. Costellazioni di Luci infinite, calde, fredde nello strato d’aria fredda, umida e nebbiosa. Sarajevo , i suoi quartieri, le colline, le moschee, le Chiese, le vie centrali, Bascarsija, TUTTO rischiarato dal biancore fortissimo della Neve. Il Manto… Giunti, a Skenderija, in basso, c’incamminavamo lungo la Miljacka, il fiume, per poi addentrarci verso Bascarsija.
Talmente freddo che ogni cento, duecento metri ci fermevamo nei bar per prendere un thè bollente e ripartire; ma Sarajevo ci manteneva in Vita, con la voglia d’amarLa, di attraversare il Tempo della sua Storia. Mi ricordo come adesso, del mio Amico Mirsad, titolare del piccolo negozio dalle “cose bellissime” artigianali. Mi pare ancora di sentire il ticchettio dei punteruoli sui piatti di rame e bronzo e ricoperti di oro zecchino, intenti nelle decorazioni floreali incredibili…Lui era sempre seduto sul suo divanetto rosso, impeccabile con la giacca e cravatta e la sua sigaretta immancabile; e le parole crociate. Bussavo alla vetrina e Lui dopo avermi visto, chiamava subito il suo Amico al bar ed ordinava due caffè “turchi”…Poi mi apriva e ci salutavamo. Mi raccontava della Sarajevo Antica.
Di quando si poteva dormire sulla panchina, appena dietro l’angolo, nella piazza principale, senza che nulla accadesse. Accadeva il Tempo, andato. Per sempre. Poi il suo Amico giungeva con il caffè. La tejerina d’acqua calda che versevamo nel contenitore del caffè prebollito. Aggiungeva una o due zollette di zucchero e sorseggiavamo il caffè, turco; denso. Potevi sentire la macinazione del caffè stesso. La nostra è divenuta Amicizia. Ricordo quando giunse il momento di congedarci l’uno dall’altro. Mi feci portare, dall’Italia, due stampe dell’Antica Roma. Questo fu il mio regalo per lui. Per aver amato la nostra Amicizia, in quei tempi. Disse che le avrebbe appese nel suo salone di casa. Ci siamo salutati con una lacrima… La Neve, IMMANE, DENSA, dai fiocchi enormi è continuata a cadere sino a quando la bella stagione ci ha riportato a casa. Due anni dopo, mi sono sentito con il mio GRANDE AMICO ITALIANO, G. Abbiamo parlato per giorni, mesi, stagioni, della BOSNIA. Poi mi disse che Lui era ritornato a Sarajevo, l’inverno successivo. Aveva comprato i fiori da portare alla sua compagna sepolta al Cimitero “del Leone”.
“Sai”, mi disse, “ho provato una GRANDE TRISTEZZA…NON HO POTUTO RITROVARE la tomba, talmente TANTA ERA LA NEVE…Sono dovuto andare via ….”
Era IMMENSO,
il Manto…
di Stefano De Angelis
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