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Di Francesco Salerno
Alexis aveva sottovalutato il proprio avversario. Leonimo si stava rivelando un guerriero straordinario. A pochi minuti dall’inizio dello scontro, il comandante di Kroton aveva già spezzato in due la lancia del locrese, ferendolo prima al fianco destro, poi al braccio sinistro. Era stata solo la benevolenza di Apollo che aveva evitato la morte di Alexis. Almeno per ora…
Lo scudo era divenuto un peso insopportabile. Il braccio, già ferito, ormai faticava persino a reggerlo. Leonimo, per contro, pareva non risentire per nulla la fatica. Aveva abilmente evitato ogni attacco del suo avversario, dimostrando un’agilità e un’abilità fuori dal comune. I due schieramenti di opliti continuavano ad incoraggiare i rispettivi comandanti, ma era chiaro che presto il locrese avrebbe avuto la peggio.
Alexis capì che doveva chiudere la partita alla svelta, prima di essere troppo debole per le ferite ricevute.
Urlando tutta la propria rabbia caricò a testa bassa il nemico. Questi, non fece nulla per evitare la carica. Se ne stette fermo come una statua fino ad un attimo prima della collisione. A quel punto, ruotò su se stesso, evitando in toto l’impatto con il locrese. Leonimo sferrò quindi in poderoso colpo col manico dell’ascia alla testa del capitano nemico. L’elmo nero volò via, e Alexis cadde mezzo stordito sulle ginocchia.
<<Qui finisce il vostro comandante! Io, Leonimo lo consegno alle Parche!>>
Dalle file dei crotonesi irruppe un urlo di gioia, mentre da quelle dei locresi uno di puro angoscia. La battaglia per l’indipendenza di Locri era dunque persa. Alexis non udì il frastuono intorno a lui. Fissò al contrario il cielo azzurro sopra di lui. In un attimo ripensò alla sua patria. I templi di pietra, le case dei suoi amici, i paesaggi tanto cari. Pensò alla forza con la quale avevano sfidato gli invasori. Pensò al coraggio dei suoi avi. Tutto sarebbe finito. Un fuoco di pura rabbia si accese allora nel suo ventre. Caldo come la fiamma di Prometeo. Brillante come il sole. Potente come i fulmini di Zeus.
Sentì la lama dell’ascia di Leonimo fendere l’aria dietro di lui. Quindi agì.
Con uno scatto impensabile per un uomo nelle sue condizioni, Alexis piroettò su se stesso, estraendo al contempo la corta spada che portava al fianco. L’ascia lo mancò per poco, ma tanto bastò. Con un urlo di coraggio degno di Ares, Alexis colpì il fianco di Leonimo con la lama di bronzo, aprendo nell’armatura avversaria un profondo squarcio che si riempì subito di sangue. I crotonesi, fino ad un momento prima festanti, si ammutolirono di colpo. Il loro comandante era a terra, ferito e ricoperto di sangue.
<<Dioscuri!>> urlò allora Alexis, riportando l’attenzione di tutti sopra la rupe alla loro destra. Immediatamente tutti si voltarono verso l’alto, ed ecco apparire i figli di Zeus. Due uomini nudi, a cavallo di poderosi destrieri, osservavano il campo di battaglia. Non potevano che essere Castore e Polluce. Entrambi avevano risposto al richiamo del locrese. Gli dèi erano con Alexis. A quella vista, i crotonesi iniziarono a ritirarsi come in preda al panico. Era il momento per far scattare il piano del comandante locrese.
<<Trombe, suonate la carica. La cavalleria! Suonate la carica della cavalleria!>>
L’ordine venne subito eseguito, e un istante dopo da oltre il passo giunse il suono dei cavalli a galoppo.
<<Locresi! I Dioscuri sono con noi! Gli Dei sono con noi! Combattete adesso! Carica!>> all’urlo del comandante, tutti i guerrieri di Locri, Rhegion, Midma e Hipponion si gettarono alla carica con un urlo disumano sulle labbra. Per i crotonesi fu troppo. Abbandonati scudi e lance, gli invasori si gettarono in una fuga disperata, dimenticando superiorità numerica e brama di conquista. Presi tra gli opliti di Alexis, e la cavalleria che li aveva attaccati ai fianchi, vennero in breve annientati. Le acque del fiume Sagra, che scorreva lì vicino, si tinsero interamente di rosso. Kroton, la più potente delle poleis greche, era stata sconfitta.
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