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di Marina Crisafi su Calabria Ora
Fino agli anni ‘60, era tradizione, per la maggior parte dei ragazzini, dei vari quartieri e rioni della città, giocare con la cosiddetta “ciappa”. Era un gioco semplice e senza grosse pretese, preferito soprattutto dai maschietti, per il quale erano necessarie una buona coordinazione, un po’ di forza ed impegno, e, naturalmente, “a ciappa”.
Questa era costituita da una pietra appiattita e rotondeggiante, oppure da pezzi di marmo o, ancora, da piastrelle tipiche dei pavimenti. Ci si riuniva in gruppo su uno spiazzo del cortile, in strada o sui marciapiedi, poi, con l’aiuto di tutti, si tracciavano nel terreno due linee orizzontali distanti l’una dall’altra.
La prima costituiva la base del lancio delle ciappe, la seconda quella di arrivo. Così, una volta segnato il campo da gioco si faceva il “tocco”, cioè la conta con le dita per designare il giocatore che aveva diritto a tirare il primo colpo, che, tra l’altro, nel gioco della ciappa era il più penalizzato. Doveva, infatti, lanciare la propria ciappa, avvicinandosi il più possibile alla linea d’arrivo senza sorpassarla, altrimenti veniva escluso dal gioco. Gli altri, invece, tirando la loro ciappa, dovevano solo avvicinarsi a quella dei compagni. Vinceva chi riusciva a lanciare la ciappa ad un palmo di distanza da quella del compagno, sempre, ovviamente, entro la linea di demarcazione stabilita.
Una variante era quella del collocare per terra, in piedi, una pietra, a forma di parallelepipedo, mettendoci sopra una posta in gioco, costituita in genere da monetine o da bottoni, che ogni giocatore, lanciando la propria ciappa, da una distanza di quattro o cinque metri, doveva cercare di colpire. Vinceva chi riusciva a colpire la pietra con la posta in gioco o ad arrivare più vicino degli altri.
Antenato delle più moderne bocce, il gioco della ciappa veniva praticato anche dagli adulti, perché richiedeva una certa forza e impegno, ma era sempre uno di quei divertimenti semplici che richiedevano soltanto un pizzico di fantasia e tanta voglia di divertirsi e che oggi sopravvive soltanto nei ricordi.
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