Umbriatico (KR), mostra di arredi e paramenti sacri

locandina mostra umbriatico

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Umbriatico ha avuto origine nell’alto Medioevo (VI-XI secolo). La fine della città classica, l’abbandono generalizzato delle coste e lo sviluppo di forme insediative più adatte alle aree interne fecero allora la fortuna dei piccoli centri dell’entroterra situati, come il nostro, in posizione dominante e naturalmente munita.

Vanno respinte, perciò, sia la fantasiosa tradizione antiquaria che vi riconosce Brystacia e ne fissa la nascita in epoca pre-greca, sia la pretesa continuità di vita di quel centro in età magnogreca e il suo trasferimento in età romana in un altro sito che avrebbe acquistato precocemente dignità vescovile.

La creazione della seconda provincia ecclesiastica calabrese, invece, Santa Severina, decisa dai Bizantini subito dopo la ‘riconquista’ attuata da Niceforo Foca il Vecchio sul finire del IX secolo, coincide con l’assegnazione del rango di diocesi, e di prima fra pari, all’anonima fortezza d’impianto recente che da allora prese il nome di Euria, trasformatosi poi in Umbriatico. La scelta del nome è forse legata al contestuale ripopolamento dell’abitato, in tutto o in parte di tipo rupestre, con reduci provenienti dall’Epirus Vetus (Grecia nord-occidentale), dove una diocesi omonima si avviava intanto a scomparire. La decisione di preferirlo agli altri villaggi sorti fra VI/VII e IX secolo nel territorio circostante è invece legata alla sua formidabile posizione, tale da non richiedere difese costruite.

Latinizzato fin dall’avvio della dominazione normanna, il clero di Umbriatico mantenne a lungo prestigio e autonomia, conservando la lingua greca almeno fino al tramonto del XII secolo. Il paese fiorì fino in età sveva, declinando rapidamente, invece, dopo che la guerra del Vespro (fine XIII – inizio XIV secolo) espose l’intero Severinate alle scorrerie delle truppe catalane a danno dei partigiani angioini, tra cui spiccano i fratelli Ruggero e Lucifero di Stefanizia, vescovi di Santa Severina e di Umbriatico. Scampato il pericolo di un trasferimento ufficiale della sede vescovile in altro luogo per effetto dello spopolamento, la lenta ripresa di Umbriatico, feudo, tra gli altri, dei Ruffo, poi degli Spinelli e più tardi dei Rovegno, non impedì che dal Cinquecento fino alla soppressione della diocesi con accorpamento a Cariati, avvenuta nel 1818 in seguito del concordato tra il Regno di Napoli e la Santa Sede, i vescovi titolari risiedessero d’abitudine a Cirò, il maggiore dei centri abitati circostanti.

La ex cattedrale di Umbriatico.

La ex cattedrale di Umbriatico (oggi collegiata insigne), dedicata al santo vescovo Donato, è un monumentale edificio di culto cristiano risalente al Medio Evo che, a causa dell’isolamento del paese, è entrato a pieno titolo nella storia dell’architettura sacra calabrese solo verso la metà del Novecento. Nelle sue forme attuali, esso rappresenta una sintesi tutto sommato felice tra la scelta di dare risalto alla grande aula monoabsidata, orientata Est-Ovest, impostandola su uno sperone calcareo svettante in cima alla rocca, e la lunga sequenza d’interventi di edificazione, demolizione e riparazione cui la fabbrica fu sottoposta nel corso dei secoli, soprattutto nel Sei e Settecento. Tali interventi, compresi i restauri compiuti nel secondo dopoguerra per liberare gli spazi interni dalle decorazioni barocche, hanno rimodellato la chiesa originaria fino a conferirle l’austero aspetto odierno.

All’interno, l’aula a tre navate, scandite da archi a sesto leggermente acuto impostati su pilastri quadrangolari, incrocia un transetto non sporgente appena sopraelevato. Il rapporto tra quest’ultimo e la cripta sottostante, prezioso scrigno di manufatti romani in pietra e terracotta (provenienti in gran parte da Petelia, l’odierna Strongoli) – i mattoni, in particolare, ricorrono anche nelle strutture originarie della chiesa superiore-, è tuttora alquanto controverso. Insigni studiosi l’hanno infatti creduto alternativamente coevo, posteriore o anteriore alla cripta. Sono dubbie pure la natura e la destinazione iniziale del vano ipogeo, a pianta rettangolare (m 7×20), orientato Nord-Sud, illuminato in principio da quattro finestrelle aperte a Oriente e scandito da sei coppie di colonne coronate da capitelli che reggono volte a crociera impostate, lungo le pareti periferiche, su lesene di pari altezza.

La fondazione stessa della ex cattedrale, attribuita su base epigrafica al vescovo Teodoro, rappresenta un dilemma irrisolto. La critica recente, infatti, spaziando dal X al XII secolo, oscilla ancora fra l’idea che si tratti di un edificio di epoca e committenza bizantine, all’inizio triabsidato e senza transetto (Martelli), consapevolmente affine alla cattedrale della sua metropoli, Santa Severina, e l’ipotesi che vi si debba riconoscere una chiesa di prima o di piena età normanna (Bozzoni). Questa sarebbe il risultato della ristrutturazione del tempio di rito greco o della sua sostituzione, una volta imposto dai Normanni il rito latino e rafforzatosi il clero occidentale, con un edificio nuovo di forme più monumentali e dal severo linguaggio espressivo protoromanico, ispirato ad esperienze d’Oltralpe per nulla consuete in Calabria (Arena).

Le caratteristiche planimetriche e la volumetria attuali della ex cattedrale di Umbriatico (m 18×43 ca.) sono piuttosto distanti da quelle originali. La costruzione di due cappelle funerarie ai lati dell’abside, promossa dal vescovo Oliverio ai primi del Settecento, ha infatti ridotto la sporgenza esterna del semicerchio e ha richiesto la trasformazione in varchi delle due finestre del bema, così da rendere accessibili i nuovi spazi. Al piano inferiore ha invece messo fuori uso le quattro finestrelle della cripta, tutte murate salvo quella trasformata in passaggio ai due ambienti ciechi retrostanti, destinati alla sepoltura del clero, imponendo l’apertura di nuovi punti luce (a Nord e Sud) e di un accesso esterno (da Sud). Sul disegno generale della chiesa incisero ulteriormente la sopraelevazione delle navate laterali, che annullava la funzione delle finestrelle soprastanti gli archi, e l’allungamento dell’aula in senso longitudinale, con avanzamento della facciata, finalizzato a raggiungere e inglobare la preesistente torre campanaria (XVI secolo). Qualche anno dopo, rifatto anche l’altare maggiore, il vescovo Loyero procedette alla riconsacrazione del complesso (24 maggio 1725).

Si deve invece a monsignor Peronacci (1732-1775) l’acquisto del busto-reliquiario in argento dorato raffigurante san Donato che tuttora si conserva. Anche il piccolo ma prezioso nucleo di libri, paramenti, vasi e arredi sacri (calici, pissidi, vassoi, secchielli, turiboli, ostensori, fioriere, candelabri, ex voto, ecc.) custodito in sagrestia risale, in gran parte, proprio al Settecento.

Il progetto è frutto di un bando regionale (LEGGE REGIONALE 12 GIUGNO 2009, N. 19 – ART. 4 FONDO UNICO PER LA CULTURA-PROGRAMMA ANNUALE 2010 Linea 1 – Sostegno all’attuazione di programmi ed iniziative culturali) a cui hanno partecipato altri 1.200 progetti e di questi ne sono stati finanziati solo 17.

Il progetto partito da un’dea dello scenografo Alfonso Calabretta e che il Sindaco di Umbriatico Pasquale Abenante ha voluto fare suo per la ricerca fatte e per l’esposizione innovativa che mettevano il luce la bellezza dei broccati , delle sete e degli ori.

Infatti l’allestimento  dei paramenti si articola lungo tutto il perimetro della Basilica con un percorso naturale, i manichini vestiti da tuniche bianche e dai paramenti, saranno dislocati intorno alle colonne in un movimento di processione verso l’alto.

L’inedito patrimonio tessile della Chiesa è un capolavoro d’arte di notevole importanza, composto da opere di particolare pregio e interesse storico-artistico; questi manufatti, che appartengono ad un settore dell’arte poco noto e analizzato, è arrivato ai giorni nostri in shopper di plastiche e buttati in malo modo in due armadi non protetti ed alla portata di chiunque entrava in Cattedrale. (come si evince dalle foto allegate)

Per quanto riguarda la scelta e la schedatura dei paramenti da esporre è stata eseguita dall’esperta di tessuti antichi e Direttore del Centro Sperimentale e Dimostrativo ARSSA di Lamezia Terme, per quanto riguarda la parte storica e per l’Araldica dei Vescovi ci hanno dato la preziosa consulenza la Dott.ssa Margherita Corrado Archeologa di Crotone, la consulenza dell’Archeologa Dott.ssa Carmen Chiarello ed il Dott. Nicola Oliverio facente parte dell’ufficio Comunicazioni Sociali e Cultura della Diocesi di Crotone, ed una grande collaborazione di una umbriaticese doc come la Dott.ssa Giovanna Chiarello e del fotografo Giovanni Pecora i quali hanno schedato per la mostra un rilevante patrimonio tessile costituito in grande quantità da pianete, piviali, dalmatiche ed altri paramenti sacri sfarzosamente lavorati; tra essi emergono particolari esemplari per la loro raffinatezza materica e la varietà dei loro disegni decorativi. Tutto il materiale di ricerca, naturalmente verrà consegnato.

I paramenti non sono semplici vesti Sacre, ma si presentano a noi come veri e propri “generi di lusso” sia per l’utilizzo di materiali quali oro, argento, sete pregiate che per la qualità artigianale con cui furono realizzati. La bellezza dei ricami, la preziosità dei broccati, l’oro usato dai ricamatori come se fossero intarsiatori di stoffe, i meravigliosi disegni e colori presi dalla natura e riinventati dai geniali artisti, gli splendidi colori che sembrano riflettere la solarità della nostra terra permettono di considerare la collezione nel suo complesso come un valido esempio di “arte per la liturgia”.

Gli sfarzosi ornamenti di alto livello artistico-creativo, rievocano la solennità con cui venivano amministrati i Sacri Riti nei secoli passati che richiedevano un apparato scenografico dove, alla ricchezza decorativa del luogo sacro, si univa anche lo splendore del corredo liturgico. Un’analisi accurata permette di capire come essi non siano solo segni d’arte ma anche attestazioni “storico culturali” di usi e costumi di una diocesi con tante vicissitudini e la presenza di tanti Vescovi.

Oggi l’ampia collezione della ex Cattedrale di San Donato permette di scoprire l’intensa attività e professionalità dei maestri ricamatori presenti in Calabria nei secoli passati, i quali lavoravano alla produzione dei manufatti liturgici proponendo tecniche e motivi di complessa operosità e ricchezza.

La mostra vuole essere lo spunto per mettere insieme, per l’occasione, diverse competenze come la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, la Diocesi di Crotone e Santa Severina ed il Comune di Umbriatico, affinché  possano nascere delle fattive collaborazioni per progettare insieme anche un museo parrocchiale e dare la possibilità a tutti di fruire del nostro patrimonio artistico e non permettere che opere d’arte come queste di Umbriatico possano marcire in shopper di plastica.

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Author: Cristina

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