Pressione fiscale, occupazione giovanile e costo del lavoro: dati veramente sconfortanti

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confartigianato crotone
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Pressione fiscale per le imprese: L’Italia è il primo Paese in Europa e il 13° al mondo per la più alta pressione fiscale sulle imprese. Imposte e tasse pagate dalle aziende sui profitti lordi, vale a dire il cosiddetto total tax rate, raggiungono la percentuale del 68,5%, un vero e proprio record che non ha eguali in Europa, nella classifica dei Paesi europei con il maggiore prelievo fiscale sull’attività d’impresa dietro l’Italia c’è la Francia con il 65,7%, poi la Germania con il 46,7%, la Spagna con il 38,7% ed il Regno Unito con il 37,3%. Per i nostri imprenditori le cose peggiorano se si considerano i tributi aggiuntivi come l’Iva sui consumi, le accise sui carburanti e sull’energia elettrica, l’IMU, l’Irpef e i contributi sociali del dipendente pagata dal datore di lavoro, l’Irap. Si calcola che tutte queste voci fanno lievitare all’86,4% il prelievo di risorse per le imprese.

E mentre le imprese italiane sopportano questo salasso, una larga parte dell’economia sfugge a qualsiasi tassazione e prospera indisturbata. Alcuni autorevoli studi indicano che le attività sommerse infatti generano un valore aggiunto che oscilla tra un minimo di 255 miliardi di euro e un massimo di 275 miliardi di euro, pari rispettivamente al 16,3% e al 17,5% del PIL.

Occupazione giovanile: Gli under 40 hanno pagato il prezzo più alto della crisi. Tra il 2008 e il 2011 i lavoratori con meno di 40 anni sono diminuiti dell’11,4%, facendo mancare all’appello 1.233.500 occupati. Contemporaneamente i lavoratori con più di 40 anni sono aumentati del 5,2%, pari a 663.700 unità. Ma sono le imprese più piccole a pagare il conto più salato: per quelle con meno di 50 addetti il costo del lavoro ammonta a 173,2 miliardi di euro ed è pari al 51,6% del valore aggiunto. Tra il 2003 e il 2009 l’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto creato dalle imprese fino a 50 addetti è aumentato del 10,7%, passando dal 40,8% al 51,6%. Nello stesso arco di tempo, per le imprese medio-grandi l’incremento è stato inferiore (+6,6%).  La grande recessione ha colpito anche l’imprenditoria giovanile.

Tra il 2007 e il 2011 si registra una diminuzione del 17,1% di imprenditori italiani under 40, pari a 387.400 unità in meno. Nel nostro Paese la diminuzione è più accentuata rispetto al calo medio del 14,7% di giovani imprenditori verificatosi nell’Unione europea Nonostante questa flessione, l’Italia rimane sul gradino più alto del podio europeo per numero di imprenditori e di lavoratori autonomi tra i 15 e i 39 anni: sono 1.872.500 e staccano nettamente il Regno Unito che ne conta 1.303.700, la Polonia che ne conta 1.127.300 e la Germania che arriva a contarne 1.055.900.

Nel nostro Paese, quindi, il 19,6% dei giovani occupati under 40 lavora in proprio, una percentuale quasi doppia rispetto al 10,3% della media europea.

A livello settoriale, il 43,2% dei giovani imprenditori artigiani opera nelle costruzioni e il 21,7% nelle attività manifatturiere; questi due comparti, insieme, assorbono quasi i due terzi dell’imprenditoria artigiana giovanile (64,9%). Il resto è in prevalenza a capo di imprese attive nelle Altre attività di servizi (12,9%), nel Commercio all’ingrosso e al dettaglio e nella riparazione di autoveicoli e motocicli (5,1%), nelle Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (4,9%) e nel Trasporto e magazzinaggio (4,7%).

Costo del lavoro: Un enorme e ancoro irrisolto problema l’alto costo del lavoro che su 4.383.544 imprese pesa per 376 miliardi l’anno, una cifra pari al 14,2% del fatturato e al 59,7% del valore aggiunto prodotto dalle aziende. Ma sono le imprese più piccole a pagare il conto più salato: per quelle con meno di 50 addetti il costo del lavoro ammonta a 173,2 miliardi di euro ed è pari al 51,6% del valore aggiunto. Tra il 2003 e il 2009 l’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto creato dalle imprese fino a 50 addetti è aumentato del 10,7%, passando dal 40,8% al 51,6%. Nello stesso arco di tempo, per le imprese medio-grandi l’incremento è stato inferiore (+6,6%).

A gonfiare il costo del lavoro è la pressione fiscale: secondo le rilevazioni di Confartigianato, la tassazione sul lavoro di un dipendente single senza figli con retribuzione media è del 46,9%, vale a dire il 12 per cento in più rispetto alla media dei Paesi Ocse che si attesta al 34,9%. Una percentuale che pone l’Italia al quinto posto tra i 34 Paesi avanzati dell’Ocse con il cuneo fiscale più oneroso. Mettendo a confronto il costo del lavoro delle nostre imprese e di quelle dei Paesi emergenti notiamo per esempio il costo del lavoro di un’impresa manifatturiera in Italia, pari a 33.019 euro per dipendente, è più che doppio rispetto ai 17.056 euro di un’impresa del Brasile e ai 16.806 euro della Turchia, è il triplo rispetto agli 11.883 euro di un’impresa polacca, quasi sei volte in confronto ai 6.075 euro di un’impresa rumena e poco meno di 9 volte in confronto ai 4.130 euro di un’impresa della Cina.

In virtù di questi dati, Confartigianato Crotone vuole fermamente denunciare una situazione drammatica e ormai non più sopportabile, oggi sono  fondamentali politiche di vero sostegno che continuiamo purtroppo  a non vedere,  ci  troviamo sempre in un guazzabuglio di espedienti tattici, rinvii strategici, calendari improvvisati di discussioni prolisse e mai risolutive. Ora conta solo fare perché il tempo è scaduto, gli eventi tragici di tantissimi piccoli imprenditori né sono un esempio lampante che tutti prendono sottogamba! Se salta il nostro tessuto economico e questi dati purtroppo lo confermano ampiamente, tutto il Paese e principalmente il nostro territorio verrà trascinato in un baratro non più rimediabile.

Dobbiamo evitare tutte queste tragedie quotidiane di imprenditori che tentano o si  tolgono la vita, dipendenti disperati che si sentono soli ed abbandonati, nel mentre Equitalia mostra i muscoli giornalmente con tutte queste persone disperate  e il sistema finanziario prende risorse  senza dare alcunché. Siamo veramente allo stremo, è giunta l’ora di far sentire la nostra voce in modo fermo e deciso.

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Author: Cristina

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