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L’Ordine degli Ingegneri, attraverso la sua Commissione Ambiente, si rende disponibile fin da subito ad affiancare le Amministrazioni come supporto tecnico operativo per una sinergica ed efficace strategia operativa nel settore dei rifiuti.
Alla luce della continua evoluzione normativa e dei percorsi indicati dalle nuove strategie dell‘Unione Europea finalizzate a raggiungere l’obiettivo “Discarica zero”, la situazione italiana, e ancor di più lo stato in cui si trova attualmente la Calabria, lascia in realtà piuttosto perplessi. Entro il 2020 solo per i rifiuti provenienti da nuclei domestici si dovrà aumentare almeno al 50%, in termini di peso, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti, differenziando come minimo carta, metalli, plastica e vetro. La percentuale aumenta al 70% per i rifiuti non pericolosi da costruzione e demolizione. Inoltre, l’obiettivo vincolante entro il 16 luglio 2016 è ridurre al 35% i rifiuti biodegradabili da conferire in discarica, in particolare mediante il riciclo, il compostaggio, la produzione di biogas o il recupero di materiali/energia.
Entro un anno, le Regioni sono tenute a integrare la loro pianificazione territoriale con le indicazioni e gli obiettivi contenuti nel Programma nazionale.
Per definire lo stato attuale del sistema calabrese bisogna analizzare e valutare alcuni indicatori che restituiscono in maniera chiara il quadro del sistema regionale di gestione rifiuti.
La Regione Calabria ha una percentuale di raccolta differenziata del 14,7 % (con la provincia di Reggio Calabria all’8.3 %, la provincia di Crotone al 9.8 %, la provincia di Vibo Valentia al 14.7 %, la provincia di Catanzaro al 16.0 % e la provincia di Cosenza al 20.4 %).
Ulteriore dato rappresentativo del quadro regionale è fornito dall’analisi delle modalità di trattamento/smaltimento del rifiuto urbano residuo. A tale riguardo, il rapporto ISPRA evidenzia che in Calabria lo smaltimento in discarica ha interessato nell’anno 2013 il 71% del rifiuto urbano prodotto (circa 591.000 tonn), contro il 37% della media nazionale. Ciò in netto contrasto con le previsioni di norma comunitaria e nazionale che prevedono una precisa gerarchia di azioni, volte a prediligere la prevenzione, la preparazione per il riutilizzo, il riciclo e le operazioni di recupero energia e, solo in ultima istanza, lo smaltimento in discarica.
La capacità complessiva di trattamento in impianto è, infatti, insufficiente, a fronte di percentuali ancora molto basse di rifiuto urbano raccolto in maniera differenziata, a trattare la quantità di rifiuto urbano residuo prodotta. La differenza è stata nel tempo colmata dall’utilizzo di alcuni impianti e discariche, pubbliche e private, dislocate sul territorio regionale.
Aggravano la situazione lo stato del sistema impiantistico esistente, che necessita di una consistente opera di riefficientamento, e la cronica mancanza di discariche di servizio agli impianti stessi.
Il Piano di Gestione dei Rifiuti vigente è ancora quello del 2007 che definiva l’articolazione del territorio regionale in 5 ATO coincidenti con i confini provinciali, prevedendone sia l’autosufficienza a livello impiantistico e di smaltimento degli scarti di lavorazione, sia l’utilizzo degli impianti di trattamento RSU già previsti/esistenti da revampizzare o in fase di realizzazione.
Tale Piano è rimasto inapplicato. Gli ATO non esistono, gli impianti esistenti non sono stati efficientati, gli impianti previsti non sono stati realizzati e per essi è ancora in corso la progettazione preliminare.
La situazione sopra descritta è la conseguenza di un sistema regionale di gestione rifiuti sostanzialmente inadeguato alle esigenze dettate dal quadro normativo nazionale e comunitario; un sistema che ha fatto ricorso per lungo tempo, e continua a farlo, alle deroghe del commissariamento prima ed alle ordinanze presidenziali contingibili ed urgenti poi.
A manifestare ancora di più l’inadeguatezza e la insostenibilità ambientale, ma anche economica, del sistema gestionale descritto si pongono due questioni di rilievo: l’avvenuta adozione di ordinanze contingibili ed urgenti e i costi complessivi del servizio.
In particolare, la questione dei costi complessivi è di particolare rilevanza anche sociale, se si pensa che il costo complessivo annuo stimato per il 2015 è di circa 100 M€ e che ciò ha determinato per il 2015 l’aumento della tariffa di conferimento del rifiuto urbano residuo a carico dei comuni da circa 91 €/tonn a circa 150 €/tonn. Tale incremento, in vigore dall’1 gennaio 2015, evidentemente sarà riversato sulla tariffa a carico delle famiglie.
Il sistema sopra descritto ha più volte manifestato l’incapacità di garantire continuità nella erogazione del servizio e la mancanza della necessaria attitudine ad assorbire i picchi di produzione di rifiuti che si verificano nella stagione estiva ma non solo.
La Legge Regionale n°14 dell’agosto 2014, “Riordino del servizio di gestione dei rifiuti urbani in Calabria”, in recepimento delle linee guida nazionali, prevede il riordino del servizio di gestione rifiuti in Ambiti coincidenti con i confini Provinciali e ne affida le relative funzioni amministrative alle Comunità d’Ambito (intese come Comuni associati a livello d’Ambito).
L’applicazione di tale opportunità appare come una occasione per efficientare ed ottimizzare, sia pur nel medio-lungo periodo, un sistema di gestione che oltre a non essere in grado di garantire efficacia ambientale e livelli di servizio adeguati, ha raggiunto costi ormai insostenibili per i comuni e, conseguentemente, per i cittadini.
La Commissione Ambiente
Ordine degli Ingegneri di Crotone
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