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Io sono convinto, oggi più che mai, che le banche, potenze silenziose, sono più pericolose degli eserciti nelle guerre che il mondo sta vivendo.
Penso che è arrivato il momento di porre fine a un ciclo, che dura ormai da più di trent’anni, di prevalenza contro natura dell’interesse particolare sull’interesse generale.
Crotone ne è la dimostrazione lampante guardando al mancato sviluppo di un territorio. Chiuse le fabbriche, le banche, locali e non, hanno ristretto ogni forma di credito alle piccole imprese e agli artigiani, oggi vero motore della nostra economia locale.
Mi convinco sempre più che bisogna «cacciare i mercanti dal Tempio», vincere il potere esercitato dai santoni del denaro. È importante, per una economia asfittica come quella crotonese, pensare all’innovazione fondamentale nell’economia reale e motore dello sviluppo economico.
Ma quando ti presenti in banca, per ottenere finanziamenti per idee innovative e non solo, rischi di essere ridicolizzato se non addirittura sbattuto fuori. E se spieghi che l’innovazione nella tua impresa serve per aumentare la produttività, ti viene data una risposta dal “tuttologo” di turno di lasciar perdere. L’innovazione, invece, ha un senso solo se essa avviene per servire meglio lo sviluppo del settore reale dell’economia di una impresa e di un intero territorio.
Dov’è l’etica e la responsabilità del sistema finanziario e delle banche locali nei confronti dei vari portatori di interesse? Se tutti a parole sono convinti che le imprese sono generatrici di valore e di sviluppo; se le famiglie sono generatrici di risparmio; lo Stato; le comunità locali; le istituzioni locali; gli enti intermedi e così via cosa fanno per innestare nuovo denaro nel circuito economico?
Non vi è dubbio che la crisi che stiamo vivendo è partita dal settore finanziario e dalle banche e ci interroghiamo ora su quali effetti reali potrà avere. Ho sempre sostenuto che il credito serve per lo sviluppo e non per la speculazione.
Vuol dire cominciare a difendere e stabilizzare i bilanci pubblici, nell’insieme dare avvio a un sistema economico e sociale diverso, non solo più etico, ma anche più efficace di quel sistema monetarista che sta ora franando e purtroppo ci sta trascinando con esso. Se non facciamo resistenza, se non reagiamo, se non cambiamo rischiamo di morire.
Se continuiamo ad affermare che l’unica responsabilità dell’imprenditore e dei manager è quella di massimizzare il valore degli azionisti, allora la corsa al guadagno facile ed immediato può diventare senza freni, grazie anche agli incentivi premiali legati alla distribuzione delle azioni a chi gestisce l’impresa.
Le banche devono pensare di più con gli imprenditori ad essere responsabili nei confronti delle persone che lavorano in azienda, la risorsa certamente più preziosa, e poi delle comunità locali, delle istituzioni locali, dei clienti, dei fornitori.
Forse è arrivato il momento di creare una frattura positiva, cioè ridurle le banche di dimensione, scinderle, depotenziarle perché è arrivato il tempo della separazione tra attività produttiva ed attività speculativa.
Dobbiamo spingere le banche, con tutte le nostre forze, a investire, i risparmi e i capitali che raccolgono, a proprio rischio nelle industrie, nelle piccole imprese, per le famiglie, per le comunità, per i giovani e isolare le banche che giocano d’azzardo, privatizzano i profitti e socializzano le perdite.
Non è più tollerabile che la banca sia direttrice dell’economia locale e non; la banca deve tornare a essere, e a essere considerata e trattata, come infrastruttura al servizio delle imprese e delle famiglie.
Tutti sappiamo che si possono fare enormi profitti usando per la speculazione i soldi depositati in banca dai correntisti ordinari. All’unisono famiglie ed imprenditori devono fare squadra privilegiando i rapporti con gli istituti bancari più vicini alla gente e più solidali, penalizzando senza esitare coloro i quali fanno finta di partecipare a tutte le evoluzioni socio economiche della nostra società ma di fatto stando fuori.
Un esempio per tutti: l’aeroporto di Crotone, infrastruttura necessaria e propedeutica allo sviluppo di tutta la nostra comunità, non vede un barlume di sostegno e partecipazione da un mondo finanziario che sembra vivere altrove, eppure da esso partono una serie di attività che producono ricchezza e risparmi utilizzati poi dal mondo del credito. Le nostre continue considerazioni sul settore creditizio, senza per il momento entrare nel merito di costi e quant’altro, vogliono essere un invito accorato a tutti, prima che sia troppo tardi, a riconsiderare ogni rapporto con coloro i quali intendono solo fare “industria bancaria speculativa” nient’altro.
Dobbiamo impedirlo!
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