Confartigianato Crotone: Banche, imprese un rapporto drammarico

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I conti non ci tornano in base a dati nazionali,  le banche continuano a sostenere che i loro finanziamenti a favore delle imprese nel 2011 sono aumentati, mentre il 78% delle imprese lamenta una stretta creditizia peggiore di quella del 2008, anno dello shock dei grandi gruppi american.

Un milione e mezzo di imprese, che rappresenta a livello nazionale il 35% delle attività con meno di 50 dipendenti. Vive una condizione drammatica. Andando più nello specifico nel nostro territorio troviamo una situazione che oramai è arrivata al collasso, occorre passare dalle parole ai fatti. Si fanno accordi, tavoli istituzionali, tutti promettono ma la situazione non è cambiata di una virgola, è peggiorata ulteriormente, le banche non danno soldi alle piccole e medie imprese!! questa è la cruda realtà.

Ogni giorno riceviamo lamentele di nostri imprenditori associati  che continuano a trovare difficoltà nell’accesso al credito e  da questa situazione la Confartigianato Imprese di Crotone ha effettuato un sondaggio in cui   l’ 85% ha dichiarato che il rapporto con le banche resta negativissimo,  tantissimi hanno addirittura parlato di ulteriore peggioramento, andando ancora di più nelle situazioni quotidiane assistiamo a racconti mortificanti, di ore passate in attesa per parlare con un direttore di banca senza riuscire ad ottenere nulla (per i fortunati che sono riusciti a conferire con lo stesso), sospensioni e revoche delle linee di credito in essere; chiusura  di conti correnti e quindi il disastro, nessuno strumento per far fronte ai propri debiti e necessità. Inoltre molteplici richieste di firme a garanzia per i “fortunati” che un minimo di finanziamento potrebbero ottenerlo, con  tassi di interesse e spese accessorie ingiustificabili, alla soglia dell’usura e, come se non bastasse tutta questa situazione,  ha contribuito in modo forte per dare alla nostra provincia il triste primato di  territorio più protestato d’Italia.

Accesso al credito poi sbarrato per piccoli e giovani imprenditori considerati come soggetti a maggior rischio insolvenza rispetto alla grande impresa. Ma l’assioma che individua la maggiore rischiosità tra le imprese piccole non regge alla luce dello studio elaborato sui dati della Banca d’Italia. Un dato su tutti, infatti, lo mette in discussione: il 50% delle sofferenze bancarie (i crediti incagliati) sono prodotte dall’1% dei maggiori affidati, le grandi imprese appunto, quelle cui le banche aprono facilmente le porte. Le stesse cui il denaro viene concesso a tassi più bassi. Questo 1% è stato individuato considerando i finanziamenti per cassa, pari o superiori a 25 milioni di euro. Cifre dunque che solo una grande impresa può permettersi di chiedere. E se si allarga il panorama le cose peggiorano: oltre il 70% delle sofferenze è prodotto dal 10% delle imprese (qui oltre alle grandi, fanno la comparsa anche alcune di medie –grandi dimensioni).

Il risultato è  molto  sconcertante: le piccole e giovani imprese  considerate pagatrici ad alto rischio di insolvenza, ma a leggere questi dati si evince l’esatto contrario.

Per uscire dalla crisi il Governo ha sostenuto le banche a patto che avrebbero finanziato le imprese,gli istituti bancari del territorio, ci è stato assicurano tantissime volte che non avrebbero fatto mancare il credito,  ma in realtà stanno facendo un’opera molto selettiva tra i richiedenti. Ci stiamo così impegnando per far sì che le banche conoscano più da vicino le aziende: spesso infatti conoscono poco i meccanismi, e hanno difficoltà a capire il valore dell’impresa, al di là delle coperture immobiliari e delle liquidità, dovrebbero invece riuscire a valutare l’impresa nel complesso della sua attività, che tipo di innovazione ha intrapreso, che mercati ha, che competenze possiede in azienda, che passione c’è da parte del Titolare e della sua Famiglia a portare avanti quel tipo di attività.  Una più dovuta conoscenza consentirebbe l’erogazione di crediti in maniera più agile, meno meccanica, con l’obiettivo di salvare più imprese possibile dalla chiusura forzata.

Un diverso comportamento del settore bancario potrebbe dare nuove prospettive di sviluppo, il mercato diventa sempre più asfittico perchè diminuiscono gli stimoli per l’occupazione e la produzione. C’è necessità di un sistema bancario che dia una vera spinta propulsiva all’intera economia regionale. Da questo punto di vista, servirebbe più coraggio, è facile fare finanza a queste condizioni. La banca deve essere consapevole che svolge anche un servizio pubblico, da essa dipende in gran parte lo sviluppo economico di un territorio cosi come ha causato  a suo tempo questa crisi planetaria.

Da noi il tessuto produttivo è certo più debole che in altre regioni, ma ciò non vuol dire che è meno serio di altri, il settore bancario  deve impegnarsi ad avere le giuste conoscenze concrete di uomini e cose del territorio,  Il suo ruolo  è quello di fornire con prudenza ma anche  con coraggio i mezzi per uno  sviluppo economico che ormai sta diventando un miraggio.  Bisogna smetterla con questo rapporto che definirlo drammatico è poca cosa!!

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Author: Maria Cristina Condello

Maria Cristina Condello ha conseguito la laurea Magistrale in "Informazione, Editoria e Giornalismo" presso L'Università degli Studi Roma Tre. Nel 2015 ha conseguito il Master di Secondo Livello in "Sviluppo Applicazioni Web, Mobile e Social Media". Dal 2016 è Direttore Responsabile della testata giornalistica ntacalabria.it

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