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Durante l’incontro che si è svolto giovedì 7 giugno presso la Sala Consiliare del Comune di Trebisacce, il prof. Alessandro Vanzetti ha brillantemente confutato, sia le risibili tesi sul sito archeologico di Broglio esposte dall’arch. Maurizio Silenzi, sia altre superficiali affermazioni da lui espresse su altri punti del territorio di contesto alla ridente cittadina. Seguiamo punto per punto l’interessante discettazione.
Il professore ha preliminarmente esordito affermando che il titolo “Immaginare Broglio” scelto dal curatore dell’incontro, Mario Brigante, si riferiva chiaramente alle tesi dell’architetto e non ovviamente alle sue. Con quel titolo il Brigante voleva esplicitamente affermare, e da subito, prima ancora dell’incontro chiarificatore, che l’architetto si era “immaginato” tutto, diciamo meglio, “sognato” la sua ricerca.
Il professore insomma ha voluto immediatamente evidenziare che sarebbe bastata già la titolazione dell’incontro per finirla lì, senza nemmeno portarlo avanti quel benedetto incontro, ed andarsene subito a casa. Viste le assurde ed incomprensibili insistenze del Brigante ha, in ogni modo, di buon grado proseguito.
Ha quindi subito argutamente osservato che la tesi espressa dall’architetto, sulla natura templare dedicata a Dioniso del sito di Broglio, era assolutamente errata. Perché? Ma semplicissimo, ha proseguito il professore (con la semplicità, è chiaro, delle grandi intuizioni), visto che il compianto professor Peroni, si era prefisso di trovare un villaggio stanziale a Broglio, scavando, non può che aver trovato proprio un villaggio stanziale. Sbigottiti, i pochi scienziati presenti, hanno sobbalzato sulle sedie. Il professore infatti, con quella affermazione ribaltava e sopravanzava anni di ricerche basati su altri, e ormai superati, principi. Galileo Galilei, dopo quella luminosa dichiarazione, scompariva affondando nel gorgo dell’ignoranza e dell’oblio. Si poteva dedurre infatti, da quel momento in poi, che qualsiasi cosa cercasse uno scienziato, era proprio quella che per prima gli si fosse presentata davanti agli occhi.
Ma anche un comune mortale, esemplifichiamo noi per chi non riuscisse ad afferrare questo sottile ed arguto principio, che si prefiggesse di trovare un albero di mele in campagna, anche di fronte al ritrovamento di un albero di pere potrebbe ritenersi soddisfatto: egli dovrà semplicemente, da quel momento in poi, imporre al mondo intero, che le pere si chiameranno in realtà mele. Semplice (sempre nella sua grandezza) e geniale. Quindi, è vero che, come evidenziava in modo ormai superato l’architetto, nel sito sono stati ritrovati solo servizi potori per duecento persone, mentre le capanne erano solo quattro.
Ed è vero, come ribadiva l’architetto che tali servizi potori (tazze, bicchieri e caraffe, per intenderci) venivano utilizzati in passato per le libagioni a Dioniso, ma bastava, secondo i nuovi ed avanzati principi, per fugare ogni dubbio sulla loro presenza, chiamarli servizi da tavola di un ricco signore del posto che a volte beveva anche alla salute di Dioniso con i suoi duecento amici (tutti stipati nelle restanti tre capanne). Anche il processo riduttivo inverso trovava piena coerenza espressiva, infatti, quando l’architetto evidenziava la mancanza di pentole ed altro di normale pertinenza degli abitanti di un villaggio, il professore esibiva la foto di un pentolone ritrovato che, a suo dire, era più che bastevole per i minestroni di tutto il paese.
Il luminare avrebbe potuto, anche in questo caso, finirla lì, già abbondantemente appagato di quanto dimostrato. Ma, per scrupolo e precisione, ha voluto proseguire con altre dotte confutazioni. Quella ad esempio della supposta (dall’architetto) chiusa idraulica a servizio di una salina ritrovata a suo tempo sul bordo della vecchia 106. Ora, è vero che gli studi geologici hanno stabilito che in quel punto, all’epoca, correva il bagnasciuga marino, e quindi solo un’opera idraulica poteva trovarsi in quel punto, ma siccome gli scopritori della Soprintendenza avevano interpretato i manufatti ritrovati come resti di magazzini, era chiaro che anche successive e più precise ricerche dovevano sottostare alla primitiva affermazione. Quindi, semplicemente, se erano stati definiti come due magazzini, non poteva esserci il bagnasciuga marino.
Questa affermazione arricchiva, se possibile, la novità del precedente principio. Infatti, in base a questo ragionamento, se uno, trovando una cassa sottoterra, la immagina piena d’oro, potrà andare a venderla, ancora chiusa, all’orefice, che si dovrà ben guardare dall’aprirla: dovrà solo pagare il corrispettivo del peso risultante in oro. Anche nel settore sanitario questo principio apre scenari imprevisti. Nel caso un medico dovesse diagnosticare un’ulcera perforante ad un paziente che, ad un successivo esame, dovesse risultare in realtà affetto da semplice indigestione, il medico dovrà procedere, insensibile alle vivaci proteste dello sciagurato, a squartargli pancia e stomaco alla ricerca della piaga già diagnosticata.
Il professore, non pago, ha voluto infine demolire efficacemente anche la tesi secondo la quale se degli uomini avessero voluto impiantare un villaggio stanziale avrebbero scelto l’area dell’attuale Bastione, difendibile su tre lati invece che uno, dotata di una migliore visibilità sul mare e sulla fiumara, e, dotata, a differenza di quella lì vicino di Broglio, di bella e fresca acqua di sorgente (attuale Fontana del Cannone). Il professore, ridendo di così tanta ingenuità dimostrata dall’architetto, ha facilmente smontato anche questa affermazione.
L’uomo primitivo, ha detto allargando le mani (a sottolineare l’ovvietà dell’osservazione), scendeva nel dirupo sottostante con anfore vuote e poi risaliva, dopo averle riempite, verso il villaggio. Ora, è vero, diciamo noi, che quel dirupo non lo risalirebbe neanche una capra, così come è vero che con un’anfora piena d’acqua stramazzerebbe al suolo qualsiasi umano prima di arrivare in cima. Ma, valutate bene: cosa ha voluto dirci il professore? Che l’uomo primitivo era un individuo che amava soffrire. Come non pensarci prima. Infatti, se non fosse così, ha voluto giustamente farci intuire il professore, si sarebbe comprato un’automobile per tutti i suoi spostamenti, invece di arrancare, come faceva, faticosamente a piedi. Bastava riflettere.
Volendo strafare, ha anche spiegato all’ignaro architetto, che, visto che mai nessuno si è sognato di andare a cercare qualcosa sul Bastione, è evidente che lì non c’è nulla di significativo: lampante. Il professore ha trionfalmente concluso, tra gli applausi dei sostenitori accorsi allo scopo, evidenziando come spenderanno proficuamente le centinaia di migliaia di euro di finanziamento pubblico. Inutile sfoggio. Basterebbe valutare i grandi ritorni per Trebisacce, già ottenuti con i finanziamenti passati, nei precedenti 30 anni di scavi (del resto Roma non si è fatta in un giorno), per fidarsi ciecamente di quanto avverrà in futuro.
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