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Quello del rilancio del Sud è stato argomento di tutti i Governi che si sono succeduti nel corso della 1° e della 2° Repubblica, ma a parte qualche caso isolato di Regione in contro tendenza rispetto ad un quadro generale che vede il Mezzogiorno d’Italia vivere un ritardo di almeno 30 anni rispetto al resto del Paese e di almeno 50 rispetto all’Europa, il tentativo di far decollare l’economia del Sud è andato sempre fallito.
Questo divario, definito e studiato come Questione Meridionale, iniziato esattamente centocinquanta anni fa’ con l’Unità d’Italia, non venne risolto dalle manovre dei primi governi di allora che, anzi diedero inizio a quella cultura assistenzialistica che ha caratterizzato non solo questo lungo periodo di storia, ma la mentalità delle nostre popolazioni. Il Sud all’epoca ricco, per le tante industrie manifatturiere, per le fiorenti attività artigianali e per essere la culla della cultura per la presenza di Atenei su tutto il territorio che era appartenuto al Regno delle Due Sicilie, subì lo scotto più alto dell’unificazione in quanto, rappresentando la parte benestante del Paese, era assoggettata ad un fisco più oneroso rispetto al Nord che era povero, per aver subito le dominazioni di Potenze straniere.
In pochi decenni si arrivò al depauperamento di tutte le sue risorse: le tante aziende presenti si trasferirono al Nord; il lavoro divenne un problema e iniziò la migrazione, anche verso l’estero; ed anche quello che nacque come fenomeno partigiano da contrasto ad un sistema che opprimeva le popolazioni del Sud (il Brigantaggio), divenne il peggior male del Meridione.
Fu allora che diventammo quella parte del Paese sempre “squilibrata” rispetto al contesto nazionale e la Lega oggi ci accusa di “succhiar sangue a chi lavora” , quando è il Sud che ha foraggiato i suoi padri per vivere oggi in quella parte dell’Italia che somiglia di più all’Europa.
Sembra paradossale, ma quei problemi di allora, Brigantaggio, Impresa, Lavoro, continuano ad essere oggi i problemi da risolvere per permettere finalmente al Mezzogiorno di avviarsi verso quello sviluppo economico che non c’è mai stato e li rinominiamo come Mafie e Illegalità, Impresa, Giovani e Lavoro, Donne.
Attualmente il ritardo strutturale del Sud condiziona in maniera sostanziale anche la congiuntura. Infatti al divario con il Centro Nord in termini di reddito, fermo a cinquanta anni fa’, si accompagnano divari in tutti i servizi pubblici fondamentali per la qualità della vita dei cittadini: scuola, reti ferroviarie, gestione dei rifiuti, servizi energetici, sanità, giustizia, cura degli anziani, ricerca e innovazione, servizi alle imprese.
L’insieme di questi servizi, da cui dipendono crescita e inclusione sociale, configura l’agenda della politica per la coesione territoriale e ci piace che questo Governo abbia creato un Ministero ad hoc, il Ministero per la Coesione Territoriale che di concerto con i Ministeri di settore, si sono attivati per fare spesa e per innalzare la qualità della spesa, attraverso un programma che si basa su alcuni importanti principi:
– concentrazione della spesa su quattro priorità fondamentali per il rilancio dello sviluppo del Sud, scuola, agenda digitale, ferrovie, credito per l’occupazione
– azione di affiancamento e supporto da parte di centri forti di competenza nazionale
– fissazione di obiettivi in termini di qualità della vita dei cittadini
– cooperazione rafforzata con la Comunità Europea.
Il tentativo è quello di evitare tagli di finanza pubblica non risolutivi (ma che sposterebbero i problemi solo nel tempo), di evitare la frammentazione degli interventi e di focalizzare l’attenzione sui risultati piuttosto che sui processi. Questo il percorso da seguire per ridurre al minimo il rischio di perdita per la fine del 2012.
Pare che il Governo stia dando al Sud quella ragionevole attenzione che si sperava, in quanto in linea con la nostra idea che le prospettive del Paese non possono prescindere dalle potenzialità presenti nelle regioni meridionali e la manovra ha dato le prime concrete soluzioni: sconto IRAP rafforzato per favorire l’occupazione, soprattutto dei Giovani e delle Donne; l’esclusione del cofinanziamento nazionale dal calcolo del patto di stabilità interno per facilitare l’accelerazione della spesa dei fondi strutturali e il loro pieno utilizzo.
Ma l’attenzione deve essere portata anche su tanti altri aspetti già in corso d’opera da prima dell’entrata di questo Governo: uno tra i tanti il rifinanziamento con risorse europee, del credito d’imposta per gli investimenti, modalità di incentivazione questa, che incontra il favore delle imprese per la semplicità e l’automaticità di funzionamento; l’attuazione del Piano per il Sud.
Se si insisterà sulla promozione del lavoro “tutelato” e non sull’assistenzialismo, sull’incentivazione alle imprese che puntano sull’internazionalizzazione e sull’innovazione e la ricerca, quali entità imprescindibili per la valorizzazione del territorio e dell’economia, sulla correzione degli squilibri e sull’accelerazione dei processi sciogliendo tutti quei nodi procedurali e amministrativi che bloccano l’attuazione di tutte quelle disposizioni che spesso rimangono solo intenzioni, forse si potrà sperare che per il Mezzogiorno e, dunque, anche per la Calabria, ci sia la possibilità di un recupero, non prescindendo mai dal fatto che il primo male che si oppone alla crescita della nostra terra è l’illegalità, includendo in essa mafie, corruzione, collusione tra politica e mafia. Lavorare per la crescita significa anche occuparsi di questo male invisibile, ma reale freno allo sviluppo del Mezzogiorno.
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