Sono trascorsi 70 anni da quando le bombe sono piovute dal cielo a Cosenza

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E’ il pomeriggio del 12 Aprile del 1943 , quando Cosenza conosce direttamente la crudeltà della guerra. Fino ad allora l’aveva vista nei soldati impegnati altrove nei racconti dei  reduci , la viveva nei continui ritardi dei treni e nelle privazioni dettate alla gente dal conflitto stesso , ma mai avrebbe pensato che in quella giornata maledetta i bombardieri angloamericani, partiti dall’Africa, avrebbero vomitati sulla citta dei bruzi il loro carico di morte. Le “Fortezze volanti” comparse dalla valle del Savuto annunciate dal caratteristico rombo, volarono cupe su una città inerme e difesa in modo obsoleto.

Da i posti più alti le seguirono attraversare l’intera valle del Crati e tutti tirarono quel sospiro di sollievo concesso alla preda sfuggita al primo assalto. Dopo qualche minuto il rombo divenne di nuovo più acuto, stavano tornando indietro  , avrebbero bombardato portando distruzione e morte.

Le  ombre lunghe ,  di un sole che stava  per cadere oltre le Serre  Paolane, che prima parevano seguire a fatica gli enormi uccelli d’acciaio ora minacciose li precedevano  in  un fuggi fuggi generale, scandito dal  fragore  delle sirene che urlano  incessanti.

C’è chi raggiunge la gallerie di colle Triglio , chi prega cercando un riparo chi rassegnato percepisce che tutto sarebbe inutile  . Poi i fischi degli ordigni seguiti immediatamente dai boati ,la polvere i lamenti. I bombardieri avevano    vomitato sulla tomba leggendaria del re Balto Alarico il loro carico di ordigni, lasciando  la città ferita a leccarsi le ferite e scomparendo nel silenzio dell’orizzonte  come erano arrivati.

Tra le macerie dei palazzi sventrati che fino ad allora avevano protetto l’intimità delle famiglie ,  figure impolverate, sanguinanti, sofferenti, sorprese  per una incomprensibile  e inaspettata crudeltà.

Quelle macerie non erano immagini nuove agli occhi dei cosentini ,abituati in ogni epoca a rivedere con che pietra è costruita la propria abitazione. Ma questa volta ,la terra, non aveva tremato dalle viscere  era  tutto opera dell’umo ,della sua assurda contesa distruttrice che chiama guerra.

Si seppe poi che l’obiettivo principale era la stazione ferroviaria e i suoi collegamenti con gli aeroporti militari  di Sibari e Camigliatello Bianchi, e la devastazione del quartiere Spirito Santo, che subì i danni più ingenti,  ne giustifica i propositi.

 Ad essere colpita , per deriva si disse, anche una scuola elementare di quel quartiere , che tra le vittime, contò cinque scolari e il fratello di uno di loro ,che sotto l’incessante cadere delle bombe cercava il fratellino Francesco. Per anni il fratello maggiore dei due fece vedere la cartella in cuoio di Francesco, con l’ultimo dettato e il libricino dei canti legionari. Chi poi quei bombardamenti li vide dal balcone naturale della  presila non dimenticò mai  il rombo di quelle “fortezze volanti” angloamericane ,che poterono   guardare dritte negli occhi, quasi  dalla stessa altezza di volo.  Tra loro numerosi “sfollati” che avevano preferito popolare quei paesi in alto in  previsione di quegli eventi luttuosi, emulando gli antenati che nel 975 li fondarono fuggendo alle incursioni saracene.

A ricordo del tragico bombardamento , negli anni ottanta, lo scultore Cesare Baccelli dedicò un monumento, misteriosamente scomparso ,dopo essere stato spostato in un deposito comunale in seguito al rifacimento della piazza. Le ultime risultanze della sua ricercano lo vogliono confuso in una discarica di ferraglie nel crotonese.

 Passando nei prossimi giorni  sulle sponte del fiume bruzio, vada un pensiero a Anna Imbrogno , Pasqualina Valente, Antonietta Mauro, Natalina Nigro, Francesca Pellegrino, Francesco e Pasquale Ferraro, e a tutte le vittime delle guerre.

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Author: Cristina

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