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Alla presenza di un pubblico nutrito ed attento si è svolta nella bella cornice di Piazza S. Lio a Saracena la presentazione del libro di Giuseppe Baldessarro e Gianluca Ursini “Il Caso Fallara. Storia del modello Reggio e del suo tragico epilogo”, edito da Città del Sole.
Insieme agli autori ne hanno discusso Renzo Russo ( Segretario PD Saracena), Luigi Pandolfi (Idv Saracena), Carlo Guccione ( Consigliere regionale PD), Mimmo Talarico ( Consigliere regionale IDV).
L’occasione è stata propizia per discutere a tutto campo della situazione politica calabrese, partendo proprio dal caso oggetto del libro dei due giornalisti: il modello Reggio ed il suo fallimento.
Dopo gli interventi introduttivi di Russo e Pandolfi, che hanno sottolineato l’importanza di aprire una discussione sui temi affrontati nel libro, entrambi gli autori hanno messo l’accento sul fatto che il modello di governo della cosa pubblica incarnato dall’ex sindaco di Reggio Calabria, oggi presidente della Giunta regionale, si sia trasferito, anche fisicamente, attraverso l’occupazione di posti chiave da parte di uomini che hanno avuto ruoli di responsabilità in quella stagione amministrativa, al governo della Regione.
Il “modello Reggio” come il paradigma dunque di una visione distorta ed inammissibile dell’agire amministrativo, che potrebbe riservare i suoi effetti negativi a tutta la comunità calabrese.
Nel suo intervento Guccione sui è soffermato molto sulla disastrosa gestione dei conti pubblici al comune di Reggio negli anni passati, che potrebbe riservare anche sorprese sull’entità del debito accumulatosi, esprimendo nondimeno preoccupazione per “le gravi emergenze che stanno flagellando la Calabria”.
Molto puntuale anche il ragionamento di Mimmo Talarico: “Reggio in quegli anni era diventata una vetrina dell’effimero, grazie ad una gestione delle risorse pubbliche evidentemente distorta, come le cifre sul debito stanno a dimostrare. Mi chiedo però dov’era l’opposizione in quegli anni e, insieme ad essa, la società civile, gli intellettuali, coloro che avevano gli strumenti, politici e culturali per stigmatizzare l’andamento delle cose”.
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