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Gli ospedali, sin dall’origine, sono stati luoghi di caritatevole assistenza nei confronti di malati e bisognosi, inizialmente animati da spirito volontario ed altruistico fino a diventare conquista di civiltà per l’intero genere umano.
La sanità, quale salvaguardia della vita umana, è parte importante di quello Stato che non solo rappresenta ma garantisce il rispetto dei diritti fondamentali di ogni uomo, in primis il diritto all’esistenza.
L’istituzione sanitaria, come una madre nei confronti dei propri figli, cura, assiste. protegge, presta attenzione, guarisce e spesso salva la vita; questa dovrebbe essere l’essenza e la vera ragione.
Tutto ciò in Calabria accade sempre di meno, la Sanità nella provincia di Cosenza è allo sbando, sullo Ionio è allo sfascio e sul Tirreno in disfacimento.
Alle chiusure di Ospedali importanti come Praia a Mare, Trebisacce, Cariati non è ancora seguita un organizzazione efficiente ed adeguata ai territori che con urgenza sovviene alle necessità ed emergenze di migliaia di persone condannate all’ultimo battito di cuore sulle impervie e tortuose strade dei tanti comuni montani od in mezzo al traffico dei centri costieri.
È già avvenuto e continua a verificarsi, come la scorsa settimana a Rossano dove i tempi di percorrenza hanno impedito ogni tentativo di conservare la vita ad una donna in seguito ad infarto.
Circa quattrocento anni prima di Cristo, il poeta greco Euripide mette in scena la mitologica tragedia di Medea che accecata da odio e rancore mette a morte i propri figli.
Dopo 2500 anni, il dramma è rimesso in atto, la Sanità calabrese uccide i suoi figli, ma non è una commedia, è un amara realtà.
Qualcuno ha trasformato il bisturi in pugnale, i Calabresi ormai lo sanno, costui non è un mito e mai lo diventerà.
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