Paola, workshop per giornalisti sul tema “Comunicare il crimine”

giornalisti d'azione

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Quello che non va bene nel comunicare un crimine, un delitto è che, spesso e volentieri, si va al di là della notizia criminis, senza sottolineare l’ambito scientifico e senza tutelare la dignità delle vittime e dei presunti autori del reato. È un’informazione che alimenta la morbosità e si trasforma, talvolta, in disinformazione”. A parlare così è Sergio Caruso, il criminologo clinico che sabato 24 settembre prossimo, a Paola, nelle sede dell’Auser, dalle 9,00 alle 12,00, terrà il workshop gratuito per giornalisti sul tema “Comunicare il crimine. Analisi e strategie”.

Il seminario è organizzato dal movimento “Giornalisti d’Azione”. “Qualche volta – dice ancora Caruso – i giornalisti, ma anche miei colleghi criminologi, non si limitano a riportare la notizia criminis basandosi sui fatti, ma scavano nella vita di vittime e presunti carnefici avventurandosi il disanime che nulla hanno di scientifico”. E l’obiettivo di questo seminario è proprio quello di contribuire a fornire ai giornalisti un bagaglio culturale capace di consentire loro una migliore interpretazione e, quindi, la comunicazione di una notizia criminosa più aderente ai fatti.

Se nello scrivere di cronaca nera  – dice il presidente di “Giornalisti d’Azione”, Mario Tursi Pratoil giornalista azzarda ipotesi  o si avventura in deduzioni che non hanno riscontro scientifico, ma in cui la necessità di coprire degli spazi o il maldestro e del tutto fuori luogo tentativo di romanzare l’accaduto porta lo portano a travalicare i fatti, il cronista finirà col produrre disinformazione. Allora, come si deve trattare la cronaca nera? Beh, lo impareremo nel seminario di sabato prossimo. Intanto prendo in prestito le parole di Nino Rizzo Nervo, presidente del Centro italiano di studi superiori per la formazione e l’aggiornamento in giornalismo radiotelevisivo, pronunciate al festival del giornalismo di Perugia di quest’anno: “La cronaca nera va fatta da giornalisti con le giuste competenze e che siano in grado di assumersi le proprie responsabilità. Ma soprattutto  fatta da giornalisti che abbiano quell’intelligenza e quella consapevolezza  di capire se, in quel momento, vieni usato a scopi che non sono quelli del racconto della cronaca”.

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