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“E’ proprio strano questo nostro Paese. Si vorrebbe imbavagliare la stampa, mettendo sotto controllo l’informazione, ma si consente ad un detenuto di scrivere e spedire tranquillamente dal carcere una lettera di minacce ad un giornalista «scomodo», semplicemente perché svolge il proprio mestiere di cronista”.
Il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, componente della Giunta Esecutiva Fnsi, commenta così la gravissima lettera di minacce che il detenuto Leone Soriano, che gli investigatori considerano il capo dell’omonima cosca della ’ndrangheta di Filandari, ha scritto, dal carcere di Cosenza, al giornalista Nicola Lopreiato, capo servizio della redazione di Vibo Valentia della “Gazzetta del Sud”.
“Quando viene pubblicata qualche intercettazione o notizia ritenuta «diffamatoria» – ricorda Carlo Parisi – redazioni e abitazioni dei giornalisti vengono messe a soqquadro dalle forze dell’ordine. Nei confronti dei giornalisti si stringono, insomma, le maglie dei controlli, violando, a volte, anche i più elementari diritti in materia di segreto professionale, mentre un detenuto può concedersi il lusso di scrivere dal carcere lettere ad un serio e onesto giornalista, come Nicola Lopreiato, minacciando pesantemente lui e la sua famiglia. E’ possibile e lecito?”.
Nella lettera al giornalista, il detenuto scrive: “Invece di rompere ogni giorno con la cosca Soriano che non esiste e non è mai esistita, pensa di più alla tua famiglia che è meglio per tutti”…“So che finirò in tribunale anche per questa lettera, ma devi finirla di rompermi i… Mi hai fatto passare per un morto di fame ma non lo sono. Ho vinto due milioni di euro al gratta e vinci ma non ti dico in che banca sono”.
La lettera, composta da due pagine, contiene anche minacce nei confronti di ex amministratori comunali di Filandari e forze dell’ordine.
Arrestato, nel novembre scorso, assieme ad altre nove persone, nell’operazione “Ragno” condotta dai Carabinieri coordinati dalla Dda di Catanzaro, Leone Soriano è accusato di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento, minaccia, incendio, detenzione e porto abusivo di armi e di esplosivi, aggravati dalle modalità mafiose, commessi ai danni di numerosi imprenditori ed anche di alcuni giornalisti, in un arco temporale compreso tra il 2007 e il 2011.
Indagini, avviate nel 2010, che, il 25 novembre scorso, hanno portato all’individuazione dei responsabili delle minacce e dei danneggiamenti subiti da alcuni militari dell’Arma, che hanno operato nella zona. Nell’occasione ai dieci presunti affiliati alla cosca Soriano sono state, infatti, contestate telefonate minatorie (al giornalista Pietro Comito, caposervizio della redazione di Vibo Valentia di “Calabria Ora”), lettere minatorie (a Nicola Lopreiato e alla parlamentare Angela Napoli), colpi di pistola ed auto incendiate ai carabinieri.
Il ricevimento della lettera spedita dal carcere di Cosenza è stato denunciato da Nicola Lopreiato ai carabinieri e al prefetto di Vibo Valentia, Luisa Latella.
Nell’esprimere piena e convinta solidarietà a Nicola Lopreiato e a tutti i giornalisti quotidianamente impegnati a svolgere correttamente e onestamente il proprio mestiere, Carlo Parisi, invita a fare piena luce sul gravissimo episodio che dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto la categoria dei giornalisti sia sotto attacco da tutti i punti di vista: dal tentativo di imbavagliarla con leggi fortemente restrittive a quello di demolirla, smantellando l’Ordine professionale e l’Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani. Il tutto mentre i poteri forti e la criminalità organizzata continuano a minacciare e condizionare l’informazione.
“Il 25 novembre scorso – ricorda Carlo Parisi – ho espresso il più sentito ringraziamento alla magistratura ed alle forze dell’ordine che hanno dimostrato che, quando lo Stato decide di impegnarsi seriamente, i risultati si vedono ed i cittadini possono ricominciare ad avere fiducia”.
Il 25 marzo 2010 al Viminale Carlo Parisi e il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, hanno chiesto al capo della Polizia, Antonio Manganelli, di “andare a fondo ai singoli episodi per dimostrare che lo Stato c’è”.
“L’azione che ha portato a far luce sulle intimidazioni ad Antonino Monteleone, Pietro Comito e Nicola Lopreiato, – chiosa Parisi – dimostra che di strada ne è stata fatta, ma la stessa magistratura e le stesse forze dell’ordine sono chiamate oggi a spiegare, senza se e senza ma, come sia possibile continuare a minacciare e, a questo punto, forse anche a dettare ordini, da un carcere della Repubblica Italiana”.
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