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di Mario Guido
Dopo oltre quindici anni sono ritornate a Bisignano due opere d’arte sacra che sono state restaurate tra il 2010 e il 2011 dall’impresa “Restauro e Conservazione Opere dìArte “ di Patrizia Giacomazzi con sede in Roma.
Le opere, due sculture lignee che raffigurano l’una l’Immacolata e l’altra S. Antonio Abate, erano state prelevate, oltre quindici anni fa, dalle chiese della Pietà, situata in una contrada di Bisignano e dalla Chiesa dei Cappuccini, situata nel Cimitero comunale, per essere restaurate a cura della Soprindentenza per i Bene Storici e Artistici della Calabria.
Sono stati necessari tutti questi anni di attesa perchè giungesse, per le due sculture, il momento di potere essere sottoposte alle cure dei restauratori e sono occorsi ben undici mesi di lavoro perchè, finalmente, potessero ritornare ai loro posti, in proprietà delle suddette Chiese.
Le due opere sono state accompagnate nel viaggio dalla sig.ra Patrizia Giacomazzi che, nella qualità di rappresentante legale dell’Impresa di Restauro, ha provveduto a consegnarle al parroco della città, don Maurizio Spadafora.
In attesa di essere sistemate definitivamente le due sculture sono state riposte nella Cattedrale di Bisignano.
Le due statue sono state restaurate a cura della Soprindentenza della Calabria in base al Progetto “ Catalogazione e restauro del Patrimonio Mobile “ di cui all’Accordo di Programma Quadro “ Beni e attività culturali per il territorio della Regione Calabria “ e con finanziamenti derivanti dai Fondi FAS.
Il rientro di queste due opere d’arte ha suscitato piena soddisfazione nell’opinione pubblica locale e anche negli ambienti politico-amministrativi che da quando è iniziata la vicenda del Santuario di S. Umile, ha riscoperto il valore dei tesori d’arte posseduti, a cominciare dal celebre Crocifisso ligneo di frate Umile da Petralia che, attualmente, si trova fuori dal territorio di Bisignano, per finire con un’altra opera d’arte singolare, il dipinto di San Bartolomeo, unica testimonianza al mondo dell’arte pittorica espressa dai prigionieri dei campi di concentramento in Italia che si trova, mal custodito, nella chiesetta omonima, con i vetri rotti e senza alcun sistema di sicurezza.
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