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Frane e dissesti d’inverno; fiamme e incendi d’estate.
Ogni anno, tutto ciò si ripete con precisione cronometrica.
E’ la maledizione della Calabria e di tutto il Sud.
Dalla metà di luglio in poi, complici le temperature infernali che ormai caratterizzano la nostra regione, si vedono fiamme, fumo e cenere ovunque e con esse canadair, elicotteri, autobotti, guardie forestali, vigili del fuoco e personale Afor dappertutto.
Sembra di essere in guerra!
Mi piange il cuore nel vedere distrutto il nostro ricchissimo patrimonio ambientale, anche perché ricordo, essendo originario di un paese di montagna quale Longobucco, centinaia di operai forestali che negli anni 70 piantumavano estesissime lande deserte e burroni scoscesi, rendendo il paesaggio silano uno dei più belli del mondo.
Oggi lo sforzo del personale addetto è veramente encomiabile.
Ognuno è impegnato come se fosse a rischio la propria vita con turni estenuanti e tantissima fatica.
Canadair vanno e vengono per giorni, dall’alba al tramonto.
Ed è proprio su questo che vorrei soffermarmi.
Qualcuno potrebbe parlare di considerazioni inattuali e di demagogia.
Per questo ho meditato a lungo prima di scrivere questa nota.
La Calabria, come altre regioni del Sud, registra un alto indice di giovani disoccupati. Ed è proprio a loro ho pensato mentre riflettevo su questo fenomeno che non dovrebbe essere più considerata un’emergenza in quanto si ripropone ogni anno.
Ed allora mi son detto: è troppo facile fare demagogia; qui è in gioco il futuro delle nostre genti, delle nostre regioni.
Un’ora di volo di un canadair, per la documentazione in mio possesso, viene a costare all’incirca 6/7mila euro.
Mi chiedo e chiedo a tutti: quanto ci costa un incendio dal punto di vista economico? Dal punto di vista ambientale la riposta è certa: danni incalcolabili.
Per vedere le nostre montagne rinverdite ci vorranno oltre 50 anni e più, purtroppo.
Quindi, ripeto: qual è il costo giornaliero dei tanti canadair che operano d’estate in Calabria?
Milioni di euro che forse potrebbero essere impiegati diversamente e con identici o forse migliori risultati.
Perché non assumere durante i mesi estivi giovani disoccupati, anche con la metà delle risorse, per il presidio e la sorveglianza del territorio?
Perché non fornire i volontari di mezzi e attrezzature adeguate?
A mio parere la loro azione, con il supporto necessario dei mezzi aerei, sarebbe molto più efficace.
Le squadrette antincendio ormai in alcune realtà sono ridotte a 2/3 addetti.
Ovunque sento ripetere che il fuoco si spegne dal basso e non dall’alto.
Una squadretta, formata da giovani ben motivati e adeguatamente preparati, potrebbe fare molto più di un canadair.
Ad essa si potrebbe pensare di affiancare anche persone iscritte nelle liste di mobilità durante i mesi estivi.
Con i fondi europei si potrebbe pensare a progetti a termine non solo per spegnere gli incendi, ma per rimboschire e manutenere il vasto patrimonio boschivo calabrese.
È la presenza dell’uomo che preserva il territorio, non i voli dall’alto. Solo con gli aerei non si vincono le guerre, figuriamoci gli incendi!
Iniziando a lavorare da maggio di ogni anno fino a settembre, potrebbero essere realizzati tanti interventi a terra, a iniziare dai corridoi tagliafuoco, forse la prevenzione più efficace per ostacolare la propagazione degli incendi e che oggi, pur essendo prevista nella programmazione dell’ Afor per il numero esiguo di operai forestali ancora all’opera viene fatta solo a tratti e parzialmente.
Mi sembra questa una proposta sensata: da una parte aiuta, infatti, a superare la concezione del posto fisso ancora presente in larghi strati della società meridionale, dall’altra serve per preservare un patrimonio ambientale vasto e di enormi proporzioni come quello presente nella mia regione.
La storiella del forestale assistito e garantito mettiamola da parte, quindi, ma non possiamo nemmeno più consentire scempi,alluvioni, dissesti idrogeologici per dare poi la responsabilità alla natura o a un” dio minore”
Per questo credo che sia arrivato il momento di intervenire con azioni mirate e progetti funzionali ed a termine, con l’obiettivo prioritario di salvaguardare il territorio, ma anche per dare risposte al debole tessuto socio economico calabrese. Io non so se sia al caso di pensare pure ad una forma di uscita da parte degli operai forestali che hanno già raggiunto i 35 anni di contributo per favorire l’inserimento di giovani nelle forme e nei modi da me proposto.
Una tale ipotesi richiederebbe, sicuramente,il coinvolgimento del ministro Fornero vista l’approvazione da poco della nuova legge sul sistema previdenziale e pensionistico.
Una discussione di tal genere non potrebbe naturalmente non avvenire senza il coinvolgimento delle forze sindacali e della Regione Calabria .
Queste sono le considerazioni di un amministratore e di un dirigente politico costretto ad assistere inerme alla devastazione del territorio e del tessuto sociale della sua comunità.
E non credo che questa proposta miri a creare nuovo assistenzialismo.
La distruzione del territorio, la mancata manutenzione dei boschi e l’abbandono della montagna costituiscono elementi di riflessione seria che non possono lasciare inerme chi ha responsabilità di governo nè le forze politiche sensibili a questi temi.
Sono convinto che anche attraverso questi esempi, riconoscendo i nostri limiti e le nostre gravi superficialità nella programmazione, riusciremo a recuperare il rapporto di fiducia con la nostra gente stanca e sfiduciata.
Con amarezza e con rammarico mi sento profondamente ferito, in qualità di responsabile istituzionale, quando sento affermare da tanti cittadini che l’uso di questi mezzi aerei più che risolvere il problema tende solo a spettacolarizzarlo.
Domenico Bevacqua
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